Il licenziamento per giusta causa del dirigente: la nozione del dovere di fedeltà del dipendente
07.04.2022Nel caso in esame, un dirigente aveva adito le vie giudiziali per il riconoscimento dell’illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatogli. La motivazione del licenziamento era costituita dal fatto che il dirigente, durante il periodo in cui ricopriva il ruolo di Director Presidente Adjunto presso una società, ove era stato distaccato dalla propria datrice di lavoro, aveva condotto delle trattative finalizzate all’acquisto in proprio di una partecipazione al capitale sociale di una società concorrente operante nello stesso settore di mercato; tale trattativa non si era, però, mai perfezionata. Rigettando le rivendicazioni del dirigente, i giudici di merito avevano ritenuto che tale condotta rappresentasse violazione del dovere di fedeltà ex art. 2105 c.c. e delle regole di correttezza e buona fede ex art. 1175 e 1375 c.c., per cui il dirigente avrebbe dovuto astenersi non solo dai comportamenti espressamente vietati dal citato art. 2105 c.c., “ma anche da tutti quelli che per loro natura e conseguenze apparivano in contrasto con i doveri connessi all’inserimento del lavoratore nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa o creavano conflitto con le finalità e gli interessi dell’impresa stessa o risultavano comunque idonei a ledere il presupposto fiduciario del rapporto stesso.”
Con la recente ordinanza n. 11172 del 18.01.2022 / 06.04.2022, la Corte di Cassazione, nel confermare la sentenza della Corte di merito, ha ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale in base a cui al dovere di fedeltà del dipendente viene riconosciuto un contenuto più ampio rispetto a quanto si evinca dall’art. 2105 c.c., “dovendo tale precetto integrarsi con il principio di correttezza e buona fede (Cass. n. 144/2015, Cass. n. 8711/2017, Cass. 2474/2008) a tal fine venendo in rilievo anche la mera potenzialità lesiva della condotta (Cass. n. 2474/2008, Cass. n. 7990/2000); nello specifico l’elevato livello ricoperto dal lavoratore implicava una particolare pregnanza dell’obbligo di correttezza e buona fede dallo stesso esigibile; ciò anche in relazione ai possibili riflessi negativi per la immagine della società in caso di diffusione all’esterno della vicenda nella quale era stato coinvolto oltre che per l’obiettivo pericolo di condotte emulative da parte di altri dipendenti.”
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