Nel caso in esame, nel contratto individuale di lavoro veniva riconosciuto al lavoratore un “premio” (indicato come “premio di collaborazione”) quale incondizionata attribuzione patrimoniale in aggiunta alla retribuzione ordinaria e quale componente della stessa. In seguito, veniva siglato un accordo sindacale aziendale (peggiorativo), che, invece, subordinava l’erogazione del citato premio soltanto al raggiungimento del “risultato ordinario” indicato nel bilancio d’esercizio; purtroppo, a partire dal citato accordo collettivo, tale premio non veniva mai più erogato in mancanza di raggiungimento dell’obiettivo.

Con la sentenza n. 9591 del 07.04.2023, la Corte di Cassazione è intervenuta sull’ammissibilità delle modifiche peggiorative tra contratto collettivo e contratto individuale di lavoro con riferimento, in particolare, al trattamento retributivo. Segnatamente, la Suprema Corte ha riconosciuto il diritto del lavoratore all’attribuzione del precitato premio malgrado l’accordo sindacale, pronunciandosi come segue: “nel caso in cui ad una disciplina collettiva privatistica succeda altra disciplina di analoga natura, si verifica l’immediata sostituzione delle nuove clausole a quelle precedenti, ancorché la nuova disciplina sia meno favorevole ai lavoratori, giacche’ il divieto di deroga in pejus è posto dall’articolo 2077 c.c., unicamente per il contratto individuale di lavoro in relazione alle disposizioni del contratto collettivo, con la conseguenza che i lavoratori non possono vantare posizioni di diritto quesito trovando tutela i loro individuali interessi solo tramite quella dell’interesse collettivo (Cass. 14 giugno 2007, n. 13879). Nell’ipotesi di successione tra contratti collettivi, le modificazioni in pejus per il lavoratore sono ammissibili con il solo limite dei diritti quesiti, dovendosi escludere che il lavoratore possa pretendere di mantenere come definitivamente acquisito al suo patrimonio un diritto derivante da una norma collettiva non più esistente, in quanto le disposizioni dei contratti collettivi non si incorporano nel contenuto dei contratti individuali, ma operano dall’esterno come fonte eteronoma di regolamento, concorrente con la fonte individuale, sicche’ le precedenti disposizioni non sono suscettibili di essere conservate secondo il criterio del trattamento più favorevole (articolo 2077 c.c.), che riguarda il rapporto fra contratto collettivo ed individuale (Cass. 19 giugno 2014, n. 13960); in assenza di rinegoziazione, non è allora possibile una modifica unilaterale delle condizioni contrattuali che determini una riduzione del trattamento retributivo per i rapporti lavorativi già in essere, perché, ai sensi dell’articolo 2077 c.c., l’accordo collettivo prevale solo se dall’accordo individuale derivino condizioni meno favorevoli per il lavoratore.”

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