Il danno da eccesso di lavoro straordinario: natura e onere della prova
23.11.2021Con l’ordinanza n. 26450 del 29.09.2021, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato il principio per il quale il lavoro straordinario prestato oltre il limite massimo previsto dalla legge e dalla contrattazione collettiva di settore determina il riconoscimento in capo al lavoratore del diritto ad un risarcimento di un danno non patrimoniale, dimostrato dalla stessa abnormità della prestazione di lavoro. Nel caso in esame, la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che: “la prestazione lavorativa “eccedente”, che supera di gran lunga i limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e si protrae per diversi anni, cagiona al lavoratore un danno da usura – psicofisica, di natura non patrimoniale e distinto da quello biologico, la cui esistenza è presunta nell’an in quanto lesione del diritto garantito dall’articolo 36 Cost., mentre ai fini della determinazione occorre tenere conto della gravità della prestazione e delle indicazioni della disciplina collettiva intesa a regolare il risarcimento in oggetto (in termini Cass. 14.7.2015 n. 14710; Cass. 23.5.2014 n. 11581; Cass. 10.5.2019 n. 12540); come accertato in precedenti arresti di legittimità inerenti a fattispecie sovrapponibili a quella scrutinata, con riguardo al principio sopra esposto, nessun difetto di allegazione e prova è ravvisabile nello specifico, essendo stati prospettati dal ricorrente nei gradi di merito sia il numero delle ore straordinarie svolte che il periodo di riferimento, elementi dai quali la Corte territoriale, con argomentazioni congruamente motivate, ha rilevato la “abnormità” della prestazione eseguita e, quindi, tale di per sé da compromettere l’integrità psico-fisica e la vita di relazione del lavoratore, secondo un corretto ragionamento logico-giuridico (in termini, vedi Cass. cit. n. 12540/2019; cass. 10.5.2019 n. 12538, Cass. 10.5.2019 n. 12539)”.
<< torna a tutte le notizie