Il patto di prova nel contratto di lavoro: la necessaria specificità della mansione
27.01.2022Nel caso patrocinato dal nostro Studio Legale, la Corte di Cassazione ha confermato le rivendicazioni della lavoratrice, nostra assistita, in merito all’illegittimità del recesso intimatole.
Il caso tratta di una lavoratrice disabile assunta, mediante il collocamento mirato, con contratto a tempo determinato da un’azienda del settore Gomma e Plastica e che dopo un breve periodo di lavoro si è vista intimare il licenziamento per mancato superamento del periodo di prova. Il predetto licenziamento è stato ritenuto illegittimo sia nel primo che nel secondo grado di giudizio in ragione della nullità del patto di prova, ritenuto privo della specificità della mansione tanto per come indicata nel contratto di lavoro quanto per relationem alle declaratorie professionali del CCNL di settore e per l’effetto il datore di lavoro è stato condannato al risarcimento del danno parametrato alle retribuzioni che la lavoratrice avrebbe percepito dalla data del recesso alla scadenza naturale del contratto. Nella sentenza nr. 1099 dd. 10.11.2021 / 14.01.2022, la Corte di Cassazione ha preliminarmente ribadito che la causa del patto di prova va ravvisata nella tutela di ambedue le parti contrattuali, ovvero per il datore di lavoro di valutare le “capacità del lavoratore” e per quest’ultimo “l’entità della prestazione richiesta e le condizioni di svolgimento del rapporto di lavoro”, tale per cui la mansione oggetto della prestazione lavorativa deve risultare specifica; prosegue, poi, la Suprema Corte rilevando che “tale esigenza di specificità, che nell’ipotesi di lavoratore invalido deve essere valutata con particolare rigore (Cass. 12/10/2021, n. 27795; Cass. 13/04/2017, n. 9597), è funzionale al corretto esperimento del periodo di prova ed alla valutazione del relativo esito che deve essere effettuata in relazione alla prestazione e mansioni di assegnazione quali individuate nel contratto individuale; la specificazione può avvenire secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte anche tramite il rinvio per relationem alle declaratorie del contratto collettivo con riferimento all’inquadramento del lavoratore, sempre che il richiamo sia sufficientemente specifico e riferibile alla nozione classificatoria più dettagliata, sicché, se la categoria di un determinato livello accorpi una pluralità di profili, è necessaria l’indicazione del singolo profilo, mentre risulterebbe generica quella della sola categoria (Cass. 9597/2017 cit; Cass. 23/05/2014, n. 11582)”.
Ciò premesso, la Suprema Corte ha ritenuto congruo il percorso logico-giuridico del giudice dell’appello, la cui motivazione non è stata ritenuta apparente, avendo rigorosamente argomentato l’omessa specificazione della mansione sia nel contratto di lavoro sia tramite rinvio alle declaratorie professionali del CCNL di settore e, dunque, il ricorso dell’azienda è stato rigettato. Preme rilevare che risulta particolarmente importante la specificazione della mansione nel contratto di assunzione del lavoratore disabile, atteso che ex Legge 68/99 la mansione deve essere compatibile con le minorazioni e con le capacità lavorative residue della persona disabile, appunto per questo l’indicazione della mansione deve essere resa nella nozione più dettagliata, il tutto in ottemperanza anche ai principi della Convenzione ONU per i diritti per le persone con disabilità ratificata dall’Italia con Legge 03.03.2009 nr. 18, uno dei cui obiettivi è favorire l’inclusione e l’accessibilità alle persone con disabilità nel mondo del lavoro, nonché favorirne l’esercizio del diritto al lavoro in condizioni lavorative eque e di pari opportunità.
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