Con la sentenza n. 19596 del 18 settembre 2020, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha posto fine ad un annoso contrasto tra due diverse tesi in tema di onere di attivazione del procedimento di mediazione nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, aventi ad oggetto materie soggette a mediazione obbligatoria ex art. 5 D.lgs. n. 28/2010.

Il caso posto all’attenzione delle Sezioni Unite origina da un procedimento di opposizione instaurato da due debitori avverso un decreto ingiuntivo rilasciato in favore di una banca. In primo grado il Tribunale di Treviso aveva dichiarato improcedibile l’atto di citazione in opposizione, non avendo gli opponenti attivato la procedura di mediazione obbligatoria, con conseguente passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto. La Corte d’Appello di Venezia, adita in secondo grado, pronunciandosi con ordinanza di inammissibilità ai sensi degli artt. 348bis e 348ter c.p.c. aveva ribadito tale orientamento. Contro la sentenza veniva quindi proposto ricorso per cassazione.

Rimessa la causa alle Sezioni Unite, le stesse prendono innanzitutto atto dell’esistenza di un vigoroso contrasto giurisprudenziale.

Una tesi segue l’impostazione di cui alla sentenza della Corte di Cassazione n. 24629/2015, che pone l’onere di attivazione del procedimento in capo alla parte opponente. Questa, infatti, è attrice e su di essa grava la scelta se provvedere o meno all’instaurazione del giudizio ed il decreto ingiuntivo è un provvedimento suscettibile di passare in giudicato in caso di mancata opposizione, divenendo quindi interesse dell’opponente attivare la mediazione per evitare che ciò avvenga. Da un tanto consegue che all’improcedibilità dell’opposizione fa seguito l’irrevocabilità del decreto ingiuntivo.

Dall’altra parte vi sono numerosi tribunali di merito che, non condividendo la posizione assunta dalla Suprema Corte nella sentenza del 2015 sopra richiamata, hanno sempre posto tale onere in capo alla parte opposta, con la conseguenza che l’improcedibilità dell’opposizione determina la revoca del decreto ingiuntivo.

Ciò premesso, le Sezioni Unite sconfessano la decisione del 2015, aderendo alla posizione assunta da numerose corti di merito, sulla scorta di una serie di motivi di ordine logico e sistematico.

Innanzitutto, l’instaurazione del procedimento di mediazione non può essere posta a carico dell’opponente, essendo illogico imporre al debitore di descrivere una pretesa non propria e, del pari, per “chi intende esercitare in giudizio un’azione” deve necessariamente alludersi al cd. attore sostanziale, quindi il creditore. Inoltre, considerati gli effetti della domanda di mediazione su quella giudiziale, è illogico che l’effetto interruttivo della prescrizione consegua ad un’iniziativa del debitore. L’ultima ragione addotta si fonda sulla considerazione delle conseguenze a seguito dell’inerzia delle parti: se l’onere è a carico dell’opponente, l’opposizione diviene improcedibile ed il decreto diventa irrevocabile; se l’onere è in capo all’opposto l’inerzia determina l’improcedibilità e la revoca del decreto ingiuntivo, ma senza impedire al creditore di riproporre la domanda, determinando un effetto provvisorio e non preclusivo.

La Corte ha, pertanto, stabilito il seguente principio di diritto: “Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo.

Per i motivi sopra esposti la Corte ha accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiarato improcedibile la domanda principale e quella riconvenzionale, revocando il decreto ingiuntivo opposto.

 

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