Con la sentenza del 4 novembre 2019 n. 28314, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite si pronuncia anche sulla nullità selettiva ed i suoi limiti, risolvendo il contrasto venutosi a creare nell’ambito di alcune pronunce precedenti. La Cassazione chiarisce anzitutto che nel nostro ordinamento sussistono due statuti di nullità. Il primo è disciplinato dal diritto comune delle obbligazioni, regolato dagli artt. 1418 ss. c.c.; il secondo può essere rinvenuto, oltre che nel codice del consumo, anche in altre discipline a tutela del consumatore, come ad esempio il D.lgs. n. 385/1993 e il T.U. bancario. Questo secondo statuto di nullità è conosciuto quale nullità di protezione.

La differenza principale tra i due regimi di nullità sta anzitutto nella legittimazione a far valere tale nullità. La nullità negoziale, secondo il diritto comune ex art. 1421 c.c., può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere, anzi deve essere, rilevata d’ufficio, come insegna la Cassazione (cfr. tra tutte S.U. n. 26442/2014).

La nullità di protezione, volta a proteggere il contraente che strutturalmente è in una posizione di squilibrio rispetto all’altro, è riservata alla parte contrattuale debole. La legittimità dell’altra parte a sollevare la nullità è radicalmente esclusa, salvo il rilievo d’ufficio del giudice nei limiti indicati dalla S.U. nella pronuncia n. 26442 del 2014.

Ora, nella vicenda in esame, le Sezioni Unite dovevano esprimersi per decidere se nel caso de quo, dove si era formato il giudicato sulla nullità del contratto quadro per difetto di forma, l’intermediario potesse legittimamente opporsi ad un’azione dell’investitore fondata sull’uso selettivo della nullità ex art. 23 T.U. bancario, in richiamo alla normativa generale o eventualmente anche attraverso l’exceptio doli generalis e/o l’abuso del diritto. La risposta delle Sezioni Unite sembra molto chiara:

22.2 “L’uso selettivo del rilievo della nullità del contratto quadro non contrasta, in via generale, con lo statuto normativo delle nullità di protezione ma la sua operatività deve essere modulata e conformata dal principio di buona fede secondo un parametro da assumersi in modo univoco e coerente. Ove si ritenga che l’uso selettivo delle nullità di protezione sia da stigmatizzare ex se, come contrario alla buona fede, solo perché limitato ad alcuni ordini di acquisto, si determinerà un effetto sostanzialmente abrogativo del regime giuridico delle nullità di protezione, dal momento che si stabilisce un’equivalenza, senza alcuna verifica di effettività, tra uso selettivo delle nullità e violazione del canone di buona fede. Deve rilevarsi, tuttavia, l’insufficienza anche della esclusiva valorizzazione della buona fede soggettiva, ove ravvisabile solo se si dimostri un intento dolosamente preordinato a determinare effetti pregiudizievoli per l’altra parte.

22.3 Al fine di modulare correttamente il meccanismo di riequilibrio effettivo delle parti contrattuali di fronte all’uso selettivo delle nullità di protezione, non può mancare un esame degli investimenti complessivamente eseguiti, ponendo in comparazione quelli oggetto dell’azione di nullità, derivata dal vizio di forma del contratto quadro, con quelli che ne sono esclusi, al fine di verificare se permanga un pregiudizio per l’investitore corrispondente al petitum azionato. In questa ultima ipotesi deve ritenersi che l’investitore abbia agito coerentemente con la funzione tipica delle nullità protettive, ovvero quella di operare a vantaggio di chi le fa valere. Pertanto, per accertare se l’uso selettivo della nullità di protezione sia stato oggettivamente finalizzato ad arrecare un pregiudizio all’intermediario, si deve verificare l’esito degli ordini non colpiti dall’azione di nullità e, ove sia stato vantaggioso per l’investitore, porlo in correlazione con il petitum azionato in conseguenza della proposta azione di nullità. Può accertarsi che gli ordini non colpiti dall’azione di nullità abbiano prodotto un rendimento economico superiore al pregiudizio confluito nel petitum. In tale ipotesi, può essere opposta, ed al solo effetto di paralizzare gli effetti della dichiarazione di nullità degli ordini selezionati, l’eccezione di buona fede, al fine di non determinare un ingiustificato sacrificio economico in capo all’intermediario stesso. Può, tuttavia, accertarsi che un danno per l’investitore, anche al netto dei rendimenti degli investimenti relativi agli ordini non colpiti dall’azione di nullità, si sia comunque determinato. Entro il limite del pregiudizio per l’investitore accertato in giudizio, l’azione di nullità non contrasta con il principio di buona fede. Oltre tale limite, opera, ove sia oggetto di allegazione, l’effetto paralizzante dell’eccezione di buona fede. Ne consegue che, se, come nel caso di specie, i rendimenti degli investimenti non colpiti dall’azione di nullità superino il petitum, l’effetto impeditivo è integrale, ove invece si determini un danno per l’investitore, anche all’esito della comparazione con gli altri investimenti non colpiti dalla nullità selettiva, l’effetto paralizzante dell’eccezione opererà nei limiti del vantaggio ingiustificato conseguito.

23. La soluzione della questione sottoposta all’esame del Collegio può, in conclusione, così essere sintetizzata.

Anche in relazione al Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, comma 3, il regime giuridico delle nullità di protezione opera sul piano della legittimazione processuale e degli effetti sostanziali esclusivamente a favore dell’investitore, in deroga agli articoli 1421 e 1422 c.c. L’azione rivolta a far valere la nullità di alcuni ordini di acquisto richiede l’accertamento dell’invalidità del contratto quadro. Tale accertamento ha valore di giudicato ma l’intermediario, alla luce del peculiare regime giuridico delle nullità di protezione, non può avvalersi degli effetti diretti di tale nullità e non è conseguentemente legittimato ad agire in via riconvenzionale od in via autonoma ex articoli 1422 e 2033 c.c.. I principi di solidarietà ed uguaglianza sostanziale, di derivazione costituzionale (articoli 2, 3, 41 e 47 Cost., quest’ultimo con specifico riferimento ai contratti d’investimento) sui quali le S.U., con la pronuncia n. 26642 del 2014, hanno riposto il fondamento e la ratio delle nullità di protezione operano, tuttavia, anche in funzione di riequilibrio effettivo endocontrattuale quando l’azione di nullità, utilizzata, come nella specie, in forma selettiva, determini esclusivamente un sacrificio economico sproporzionato nell’altra parte. Limitatamente a tali ipotesi, l’intermediario può opporre all’investitore un’eccezione, qualificabile come di buona fede, idonea a paralizzare gli effetti restitutori dell’azione di nullità selettiva proposta soltanto in relazione ad alcuni ordini. L’eccezione sarà opponibile, nei limiti del petitum azionato, come conseguenza dell’azione di nullità, ove gli investimenti, relativi agli ordini non coinvolti dall’azione, abbiano prodotto vantaggi economici per l’investitore. Ove il petitum sia pari od inferiore ai vantaggi conseguiti, l’effetto impeditivo dell’azione restitutoria promossa dall’investitore sarà integrale. L’effetto impeditivo sarà, invece, parziale, ove gli investimenti non colpiti dall’azione di nullità abbiano prodotto risultati positivi ma questi siano di entità inferiore al pregiudizio determinato nel petitum.

L’eccezione di buona fede operando su un piano diverso da quello dell’estensione degli effetti della nullità dichiarata, non è configurabile come eccezione in senso stretto non agendo sui fatti costitutivi dell’azione (di nullità) dalla quale scaturiscono gli effetti restitutori, ma sulle modalità di esercizio dei poteri endocontrattuali delle parti. Deve essere, tuttavia, oggetto di specifica allegazione.

24. La soluzione della questione di massima di particolare importanza rimessa all’esame delle S.U. può essere risolta alla luce del seguente principio di diritto:

La nullità per difetto di forma scritta, contenuta nel Decreto Legislativo n. 58 del 1998, articolo 23, comma 3, può essere fatta valere esclusivamente dall’investitore con la conseguenza che gli effetti processuali e sostanziali dell’accertamento operano soltanto a suo vantaggio. L’intermediario, tuttavia, ove la domanda sia diretta a colpire soltanto alcuni ordini di acquisto, può opporre l’eccezione di buona fede, se la selezione della nullità determini un ingiustificato sacrificio economico a suo danno, alla luce della complessiva esecuzione degli ordini, conseguiti alla conclusione del contratto quadro”.

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