Si segnalano due recenti ordinanze della Corte di Cassazione Civile, n. 22265 e n. 22269 del 15.10.2020, pronunciate in esito ad impugnazioni di sentenze pronunciate rispettivamente dalle Corti di Appello di Campobasso e di Napoli, in tema di modifica delle condizioni inerenti ai contributi al mantenimento per l’ex coniuge riconosciuti in sede di divorzio.

La Corte prende atto dell’incremento dei ricorsi introdotti per vedere diminuiti o revocati gli importi stabiliti a titolo di assegno per il coniuge ex art. 5 L. 898/70, facenti leva sul recente cd. revirement della Cassazione operato con le sentenze Sez. I n. 11504/2017 e S.U. n. 18287/2018.

In entrambi i casi in oggetto, i ricorrenti denunciavano la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 c.c., non avendo il giudice territoriale valutato l’autosufficienza economica dell’ex coniuge e avendo conseguentemente negato la revoca e/o diminuzione dell’assegno previsto in suo favore, alla luce del recente mutamento interpretativo della Corte.

La Corte dichiara inammissibili entrambi i ricorsi, ribadendo quanto già di recente stabilito nella Sentenza Cass. Civ. Sez. I n. 1119/2020, vale a dire che la modifica delle condizioni di separazione o divorzio conseguono solo a provati e sopravvenuti motivi, tra cui i mutamenti delle condizioni economiche e patrimoniali di una delle parti coinvolte, non rientrando il diritto vivente giurisprudenziale tra i “giustificati motivi” di cui all’art. 9 L. 898/1970.

Si riporta il passaggio presente nell’ordinanza n. 22269/2020, che meglio espone il principio di riferimento: “A tal riguardo Cass. Sez.1 Sentenza n. 1119 del 20/01/2020 in riferimento alla revisione dell’assegno divorzile per giustificati motivi sopravvenuti L. n. 898 del 1970, ex art. 9, ha statuito che: “in tema di revisione dell’assegno divorzile, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9 il mutamento sopravvenuto delle condizioni patrimoniali delle parti attiene agli elementi di fatto e rappresenta il presupposto necessario che deve essere accertato dal giudice perchè possa procedersi al giudizio di revisione dell’assegno, da rendersi, poi, in applicazione dei principi giurisprudenziali attuali. Ne consegue che consentire l’accesso al rimedio della revisione attribuendo alla formula dei “giustificati motivi” un significato che includa la sopravvenienza di tutti quei motivi che possano far sorgere un interesse ad agire per conseguire la modifica dell’assegno, ricomprendendo tra essi anche una diversa interpretazione delle norme applicabili avallata dal diritto vivente giurisprudenziale, è opzione esegetica non percorribile poichè non considera che la funzione della giurisprudenza è ricognitiva dell’esistenza e del contenuto della “regula iuris”, non già creativa della stessa. (fattispecie relativa a una domanda di revisione dell’assegno divorzile determinato prima di Cass., Sez. 1, n. 11504/2017 e Sez. U, n. 18287/2018).

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