Con sentenza del 16.10.2019, la Corte di Giustizia dell’UE è intervenuta sull’interpretazione della “Direttiva IVA” in relazione al principio del rispetto dei diritti di difesa, precisando come tali diritti fondamentali non possano venire limitati per il solo fatto che l’amministrazione finanziaria è vincolata dalle contestazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche da essa effettuate nell’ambito di procedimenti amministrativi connessi in cui il soggetto passivo non era parte. Infatti, oltre a far conoscere gli elementi di prova, deve essere riconosciuto al contribuente l’accesso ai fascicoli – anche se relativi a procedimenti ancora pendenti e non instaurati nei propri confronti – nel caso in cui documenti ivi contenuti vengano posti alla base di contestazioni nei suoi confronti. L’accesso non può, inoltre, limitarsi ai soli documenti utilizzati dall’amministrazione finanziaria, ma deve essere consentito anche ad eventuali documenti a discarico. Nel caso di specie, si trattava del diniego del diritto alla detrazione dell’IVA richiesto da una società ungherese, poiché questa avrebbe dovuto sapere che le operazioni effettuate con i propri fornitori si iscrivevano all’interno di una frode relativa all’IVA commessa da questi ultimi, già destinatari di contestazioni da parte dell’amministrazione finanziaria ungherese.

La Corte enuncia il principio di diritto nei seguenti termini: “La direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, il principio del rispetto dei diritti della difesa e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che essi non ostano, in linea di principio, a una normativa o a una prassi di uno Stato membro secondo la quale, in occasione di una verifica del diritto a detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) esercitato da un soggetto passivo, l’amministrazione finanziaria è vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche, da essa già effettuate nell’ambito di procedimenti amministrativi connessi avviati nei confronti dei fornitori di tale soggetto passivo, sulle quali si basano le decisioni divenute definitive che accertano l’esistenza di una frode relativa all’IVA commessa da tali fornitori, a condizione che, in primo luogo, essa non esoneri l’amministrazione finanziaria dal far conoscere al soggetto passivo gli elementi di prova, ivi compresi quelli risultanti da tali procedimenti amministrativi connessi, sui quali essa intende fondare la propria decisione, e che tale soggetto passivo non sia in tal modo privato del diritto di contestare utilmente, nel corso del procedimento di cui è oggetto, tali constatazioni di fatto e tali qualificazioni giuridiche, in secondo luogo, che detto soggetto passivo possa avere accesso durante tale procedimento a tutti gli elementi raccolti nel corso di detti procedimenti amministrativi connessi o di ogni altro procedimento sul quale l’amministrazione intende fondare la sua decisione o che possono essere utili per l’esercizio dei diritti della difesa, a meno che obiettivi di interesse generale giustifichino la restrizione di tale accesso e, in terzo luogo, che il giudice adito con un ricorso avverso la decisione di cui trattasi possa verificare la legittimità dell’ottenimento e dell’utilizzo di tali elementi nonché le constatazioni effettuate nelle decisioni amministrative adottate nei confronti di detti fornitori, che sono decisive per l’esito del ricorso.”

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