Con la sentenza n. 10561 del 17.11.2020 / 21.04.2021, la Corte di Cassazione ha stabilito che il superminimo, ossia l’eccedenza retributiva rispetto ai minimi tabellari, individualmente pattuito tra lavoratore e datore di lavoro, è di regola soggetto al principio dell’assorbimento in caso di miglioramenti retributivi, ma con ammissione di prova contraria. Più specificatamente, la Suprema Corte ha deliberato che “l’indagine probatoria sulla sussistenza di dette pattuizioni e quella ermeneutica sulla loro effettiva portata derogatoria alla regola generale dell’assorbimento sono riservate al giudice di merito (in termini, Cass. n. 2984 del 1998, che in motivazione richiama Cass. n. 1347 del 1984; più di recente Cass. n. 10779 del 2020 e Cass. n. 15967 del 2020); ai fini della ricostruzione della volontà negoziale deve essere valutato il comportamento complessivo delle parti anche successivo alla conclusione del patto relativo tanto che questa Corte ha confermato, ad esempio, la decisione di merito che aveva desunto la volontà delle parti di considerare il superminimo non assorbibile dal fatto che esso era rimasto inalterato nel tempo, nonostante gli incrementi retributivi intervenuti nel corso del rapporto di lavoro in occasione dei rinnovi contrattuali (v. Cass. n. 14689 del 2012, che richiama Cass. n. 1899 del 1994)”. Pertanto, in ragione del citato principio di diritto, nel caso in esame il comportamento dell’azienda è stato ritenuto concludente nel senso della sussistenza di una prassi aziendale che escludesse l’assorbimento del superminimo.

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