Con la sentenza n. 22404/2018 di data 07.11.2017, pubblicata il 13.09.2018, le Sezioni Unite della Suprema Corte si sono pronunciate sulla seguente questione di massima di particolare importanza: “se nel giudizio promosso nei confronti di una Pubblica Amministrazione per l’adempimento di un’obbligazione contrattuale la parte possa modificare la propria domanda in una richiesta di indennizzo per arricchimento senza causa con la memoria ex art. 183, comma 6, nr. 1 cod. proc. civ.

Nel caso di specie, un ingegnere conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Torino il Comune dal quale era stato incaricato per il progetto di una Circonvallazione, al fine di ottenere la condanna del predetto Ente al pagamento del corrispettivo. Il Comune si costituiva in giudizio eccependo, tra l’altro, la nullità delle deliberazioni di affidamento dell’incarico, in quanto prive della quantificazione dell’ammontare complessivo spettante al professionista. Con la prima memoria ex art. 183, comma 6 c.p.c. parte attrice proponeva, in via subordinata, domanda di indennizzo per arricchimento senza causa. Parte convenuta eccepiva tempestivamente l’inammissibilità di tale domanda, in quanto tardiva, essendo stata proposta solo con la prima memoria e non già con l’atto introduttivo. Il Tribunale di Torino accoglieva la domanda attorea, dichiarando l’inadempimento contrattuale dell’Amministrazione e condannando la stessa al pagamento del corrispettivo.

La Corte d’Appello, in riforma della decisione del Giudice di prime cure, dichiarava la nullità delle delibere di conferimento dell’incarico e, di conseguenza, del contratto di prestazione d’opera professionale e riteneva inammissibile la domanda di indennizzo senza causa, trattandosi di domanda nuova.

L’ingegnere proponeva, pertanto, ricorso in Cassazione lamentando, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 c.c. e 183 c.p.c. Investita della decisione, la Seconda Sezione trasmetteva gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezione Unite.

In tale contesto, le Sezioni Unite ripercorrevano innanzitutto i precedenti nell’ambito dei quali la giurisprudenza di legittimità si era occupata di chiarire se la domanda di arricchimento senza causa costituisse, ove formulata dopo la proposizione dell’azione di adempimento contrattuale, emendatio o mutatio libelli; evidenziando al riguardo quanto segue.

Con la sentenza n. 26128/2010, le Sezioni Unite avevano chiarito che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la domanda di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c. proposta in via riconvenzionale con la comparsa di costituzione e risposta dal convenuto opposto, nella sua qualità di attore sostanziale, è ammissibile “soltanto qualora l’opponente abbia introdotto nel giudizio, con l’atto di citazione, un ulteriore tema di indagine, tale che possa giustificare l’esame di una situazione di arricchimento senza causa.” In ogni altro caso tale domanda è da considerarsi inammissibile, anche quando proposta in via subordinata, e l’inammissibilità è rilevabile anche d’ufficio dal Giudice. Le due domande di adempimento contrattuale e di arricchimento senza causa differiscono, infatti, strutturalmente sia per il petitum (pagamento del corrispettivo pattuito nel caso di domanda di adempimento contrattuale, e pagamento di un indennizzo nella domanda di arricchimento senza causa) sia per la diversa causa petendi (essendo l’impoverimento e l’altrui arricchimento fatti costitutivi della sola domanda di arricchimento senza causa).

Con la successiva sentenza n. 12310/2015, le Sezioni Unite, affrontando nuovamente il tema dello ius variandi, avevano superato il tradizionale principio della diversità del petitum e della causa petendi, quale criterio per determinare se la domanda rappresenti un’emendatio o un’inammissibile mutatio libelli, e avevano enunciato il seguente principio di diritto: “la modificazione della domanda ammessa a norma dell’art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi identificativi della medesima sul piano oggettivo (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti in ogni caso connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, e senza che per ciò solo si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte ovvero l’allungamento dei tempi processuali”. La connessione tra le domande deve essere valutata in base alle norme del codice di rito “in relazione alle ipotesi di connessione a vario titolo e in particolare al rapporto di connessione per alternatività o per incompatibilità.

Con la sentenza n. 22404/2018 in parola, le Sezioni Unite hanno infine ritenuto che debba essere data continuità all’indirizzo espresso con la sentenza n. 12310/2015. L’interpretazione ivi offerta è, infatti, più rispettosa dei principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e della stabilità delle decisioni giudiziarie, “in quanto non solo incide sulla durata del processo in cui la modificazione interviene, ma influisce positivamente anche sui tempi della giustizia in generale, in quanto favorisce la soluzione della complessiva vicenda sostanziale sottoposta all’esame del giudice in un unico contesto, evitando la proliferazione di processi.

Accertando se la domanda di arricchimento senza causa e quella di adempimento contrattuale siano connesse per “alternativa” o “incompatibilità, le Sezioni Unite hanno ritenuto che entrambe le domande si riferiscano alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, in quanto “attinenti al medesimo bene della vita” (i.e. una pretesa di contenuto patrimoniale) e che siano connesse tra loro per incompatibilità “non solo logica ma anche normativamente prevista”, in quanto l’art. 2042 c.c. dispone che la domanda di arricchimento senza causa ha carattere sussidiario.

Ne scaturiva il seguente principio di diritto: “è ammissibile la domanda di arricchimento senza causa ex art. 2041 cod. civ. proposta, in via subordinata, con la prima memoria ex art. 183, sesto comma cod. proc. civ., nel corso del processo introdotto con domanda di adempimento contrattuale, qualora si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, trattandosi di domanda comunque connessa (per incompatibilità) a quella inizialmente formulata.

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