Con la sentenza n. 11421 del 30 aprile 2021, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile hanno fornito alcuni importanti chiarimenti in tema di assicurazione sulla vita stipulata in favore degli eredi, precisando sia quale significato debba essere attribuito al concetto di “erede” con il quale vengono generalmente individuati i beneficiari, sia indicando come debba essere materialmente effettuata la ripartizione dell’indennizzo assicurativo nell’ipotesi in cui vi sia un concorso di più eredi-beneficiari.

La fattispecie oggetto del giudizio giunto dinanzi agli Ermellini concerneva quattro polizze sottoscritte dal de cuius, le quali individuavano quali beneficiari gli “eredi legittimi”. Individuati quali eredi il fratello e quattro nipoti figli della sorella premorta, in sede di liquidazione la Compagnia assicuratrice aveva suddiviso l’indennizzo in cinque quote uguali.

Il fratello del contraente defunto, dopo essersi visto respinto il ricorso ex art. 702-ter c.p.c. presentato dinanzi al Tribunale di Caltagirone, proponeva gravame alla Corte d’Appello di Catania, la quale dichiarava illegittimo il criterio di ripartizione delle quote adottato dalla compagnia assicuratrice, affermando che in realtà il fratello aveva diritto a metà della somma totale (in proporzione alla sua quota ereditaria), mentre tra i quattro nipoti, subentrati iure hereditatis alla madre, doveva essere ripartita la restante metà, in linea con l’istituto della rappresentazione ex art. 467 c.c.

Avverso tale decisione, la soccombente compagnia proponeva ricorso per Cassazione, deducendo, tra gli altri motivi, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1920 e 1362 c.c., sostenendo che il diritto del beneficiario di un’assicurazione per il caso di morte trova la propria fonte nel contratto e, di conseguenza, che questa non può essere devoluta agli eredi secondo le regole della successione legittima.

La Terza Sezione civile, ravvisando l’esistenza di due divergenti filoni giurisprudenziali, rimetteva il ricorso al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite, affinché queste si esprimessero: a) in relazione all’interpretazione della formula “legittimi eredi” presente diffusamente nel contratto di assicurazione sulla vita in favore di un terzo, chiarendo se questa debba riferirsi, astrattamente, a coloro i quali rivestono la qualità di eredi legittimi o se, concretamente, concerna i soggetti effettivamente destinatari dell’eredità; b) in merito all’eventuale interferenza, ai fini della liquidazione dell’indennizzo, di una designazione testamentaria dei propri eredi; c) in riferimento alla divisione dell’indennizzo complessivo, se cioè questa debba ricalcare la misura delle quote ereditarie o se, in virtù della natura di “diritto proprio” sancita dall’art. 1920 c.c., la divisione debba avvenire fra gli aventi diritto in parti uguali.

I contrapposti orientamenti giurisprudenziali.

Prima di procedere con l’analisi della soluzione fornita dalle Sezioni Unite, si ritiene utile analizzare brevemente le due diverse interpretazioni emerse in giurisprudenza, divergenti in merito all’individuazione dell’erede-beneficiario e al criterio di ripartizione tra i medesimi dell’indennità assicurativa.

Secondo l’orientamento tradizionale, l’individuazione dei beneficiari deve essere effettuata secondo i modi tipici di delazione dell’eredità (testamentaria o legittima) in relazione al momento della morte del contraente, indipendentemente dall’effettiva chiamata all’eredità. Di conseguenza, nell’ipotesi in cui l’assicurazione sulla vita sia stata stipulata in favore degli “eredi legittimi”, questi devono essere identificati in astratto con coloro che sono ex lege successibili. Il criterio “astratto” nell’individuazione dei beneficiari deve altresì applicarsi anche in relazione alla ripartizione dell’indennità, che deve quindi avvenire secondo quote eguali a prescindere dal grado di parentela (Cass. 9388/1994; Cass. 15407/2000; Cass. 26606/2016; Cass. 25635/2018).

In netto contrasto con questa interpretazione, è di recente emersa una nuova lettura, in forza della quale si è affermato che, laddove nel contratto di assicurazione a favore di terzo sia prevista, in caso di morte dello stipulante, la corresponsione dell’indennizzo agli “eredi” (testamentari o legittimi), si presume che le parti abbiano voluto individuare in maniera concreta i beneficiari: di conseguenza, anche le rispettive quote devono essere suddivise in base ai criteri previsti dalla materia successoria (così Cass. 19210/2015).

L’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite. Natura del contratto di assicurazione a favore dell’erede.

Con la decisione oggetto del presente commento, le Sezioni Unite hanno confermato la correttezza dell’orientamento tradizionale, senza esimersi tuttavia dal ripercorrere gli elementi caratteristici dell’assicurazione sulla vita a favore degli eredi.

In tal senso, è stato in primo luogo riaffermato il principio (condiviso all’unanimità dalla giurisprudenza) secondo cui all’assicurazione sulla vita (così come all’assicurazione contro gli infortuni) debba applicarsi la disciplina di cui all’art. 1920, III co c.c. (“Assicurazione a favore di un terzo”), ai sensi del quale “per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione”. In ragione di ciò, si è ribadito che il diritto all’indennità trae origine iure proprio dal contratto di assicurazione, il quale ne costituisce l’unica fonte.

Le Sezioni Unite hanno in secondo luogo ricordato che l’assicurazione a favore di terzi di cui all’art. 1920 c.c. rappresenta una species del più ampio genus del contratto a favore di terzi di cui agli artt. 1411 e ss c.c. Si tratta, dunque, in entrambi i casi di un atto avente natura inter vivos.

I due istituti divergono tuttavia in relazione al momento di acquisto del diritto esercitabile nei confronti del promittente assicuratore: se ai sensi dell’art. 1411, II co c.c. questo avviene “per effetto della stipulazione” del contratto, nell’ipotesi di cui all’art. 1920 c.c., ciò avviene “per effetto della designazione”, la quale può essere effettuata anche in un secondo momento (con un’apposita dichiarazione o per testamento). Nell’ipotesi di assicurazione sulla vita, quindi, la morte dello stipulante varrebbe unicamente a dare efficacia (post mortem) al diritto già acquisito dal beneficiario.

L’identificazione dell’erede-beneficiario.

Per quanto riguarda l’individuazione del beneficiario, le Sezioni Unite hanno rilevato che è assai comune la prassi di indicare i beneficiari della polizza attraverso il generico concetto di “erede” (o, come nella fattispecie oggetto del giudizio, “erede legittimo”). Anche in tal caso, tuttavia, le vicende concernenti il patrimonio ereditario restano irrilevanti ai fini dell’individuazione dei soggetti aventi diritto all’indennità.

Nell’ipotesi più generica in cui vengano identificati tutti gli “eredi”, infatti, questi devono essere identificati in forza della delazione di cui all’art. 457 c.c., a prescindere dall’eventuale accettazione o rinuncia dell’eredità. Parallelamente, qualora dovessero essere indicati gli “eredi legittimi”, sarebbe irrilevante l’eventuale istituzione per testamento di ulteriori eredi.

In ragione di ciò, l’utilizzo di queste macro-categorie varrebbe unicamente quale indicazione per relationem atta a sopperire ad una generica determinazione del beneficiario e, di conseguenza, ha una valenza meramente soggettiva, volta ad indicare al promittente assicuratore l’identità del creditore dell’indennità.

La ripartizione delle quote ereditarie.

Dai princìpi sopra indicati, emergono due ulteriori effetti derivanti dalla natura inter vivos del contratto di assicurazione sulla vita. In primo luogo, si rileva che l’importo dell’indennità rimane estraneo al patrimonio del de cuius che cade in successione, come si desume dall’art. 1920, II co c.c. In secondo luogo, restano altresì inapplicabili a tale somma le norme che disciplinano la comunione ereditaria e la ripartizione secondo le quote di spettanza dei beni caduti in successione.

Proprio in ragione di ciò, in relazione al criterio di ripartizione delle quote ereditarie, le Sezioni Unite hanno affermato che, se al momento della morte del contraente vi sono più eredi, trattandosi di un’obbligazione plurisoggettiva, si applica (salvo diversa indicazione da parte del contraente) il disposto di cui agli artt. 1298, IV co e 1101, I co c.c., in forza del quale a ciascuno dei beneficiari spetta una quota eguale dell’indennità; il pagamento potrà poi essere fatto rivolgendosi direttamente all’assicuratore, trattandosi di un autonomo diritto che sorge immediatamente al momento della morte del contraente.

Gli effetti della premorienza di uno degli eredi.

Nella fattispecie oggetto del giudizio su cui le Sezioni Unite erano chiamate ad esprimersi, oltre al fratello del de cuius concorrevano nella successione anche quattro nipoti, figli della sorella premorta del contraente, la quale – se fosse rimasta in vita – avrebbe avuto diritto, in forza dei principi sopra esposti, a metà dell’indennità complessiva. La peculiarità della situazione ha quindi richiesto un ulteriore approfondimento in merito agli effetti della premorienza di un erede sulla suddivisione dell’indennità assicurativa.

Ad opinione della Corte, a tale ipotesi è applicabile l’art. 1412, II co c.c, ai sensi del quale “la prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo stipulante, purché il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente”. Di conseguenza, in ipotesi di premorienza di uno degli eredi legittimi, opera una mera successione nel diritto contrattuale all’indennizzo in favore degli eredi del soggetto premorto; questo esclude dunque l’accrescimento in favore dei restanti beneficiari, che avrebbe comportato – nel caso di specie – al diritto del fratello dell’erede di percepire l’intera indennità. Al contrario, avviene un subentro con effetti meramente soggettivi collegati all’individuazione dei beneficiari, per “rappresentazione” ai sensi dell’art. 1412, II co c.c.. È evidente, dunque, la differenza con l’istituto della rappresentazione di cui all’art. 467 c.c., ove questa comporta il subentro degli eredi del soggetto premorto nei limiti della quota destinata a quest’ultimo.

La soluzione fornita dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 11421 del 30.04.2021.

In ragione dei principi riportati, le Sezioni Unite hanno affermato che, nel caso di specie, gli “eredi legittimi” erano da individuarsi in coloro che alla morte dello stipulante rivestivano tale qualità in forza del titolo dell’astratta delazione ereditaria: quindi, oltre al fratello del de cuius, anche i nipoti di quest’ultimo, subentrati nel grado della sorella, erano da considerarsi titolari del diritto alla corresponsione dell’indennità assicurativa.

In secondo luogo, stante l’inapplicabilità dei criteri successori di ripartizione delle quote ereditarie, le Sezioni Unite sono giunte alla conclusione che ai cinque eredi spettava una quota eguale del totale dell’indennità assicurativa, la quale poteva essere richiesta da ciascuno direttamente all’assicurazione.

In conclusione, stante il contrasto con il criterio interpretativo adottato dalla Corte di Appello di Catania, la sentenza oggetto del ricorso veniva cassata con rinvio.

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