La legge 27.01.2012 n. 3, come modificata dal c.d. Decreto Sviluppo bis (L. 221/2012), prevede due tipi di procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento: da un lato l’accordo di composizione della crisi (artt. 10-12) e dall’altro il piano del consumatore (artt. 12bis-12ter), quest’ultimo riservato esclusivamente al debitore “consumatore” ovvero alla “persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.” Prevede inoltre una procedura alternativa: la liquidazione del patrimonio (artt. 14ter-14duodecies).

Requisito comune e presupposto oggettivo per accedere alle procedure è lo stato di “sovraindebitamento”, ossia quello stato che la legge definisce come “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determini la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente.”

Ulteriore requisito comune e presupposto soggettivo per accedere alle procedure è rappresentato dall’essere un debitore non soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle oggetto della L. 3/2012, non aver fatto ricorso a queste procedure negli ultimi cinque anni, non aver subito l’annullamento, la revoca o la cessazione di un precedente accordo o piano; infine è necessario aver fornito la documentazione necessaria per ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale.

Come anche nei concordati, il contenuto dell’accordo (o del piano) può essere di diverso tipo ma deve in ogni caso prevedere scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche suddivisi in classi, e deve essere garantito il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ex art. 545 c.p.c. Per quanto concerne i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, questi possono essere soddisfatti anche non integralmente ma nell’accordo (o piano) deve essere garantito il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ipotesi di collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione. Per tributi, risorse dell’Unione Europea, iva ed altre ritenute operate e non versate, può essere prevista solo una dilazione di pagamento. Nell’ipotesi in cui il reddito o i beni del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità dell’accordo o del piano, la proposta deve prevedere obbligatoriamente la presenza di garanti.

Quanto agli effetti delle procedure di accordo di composizione della crisi e dei piani del consumatore, essendo di natura concordataria, essi sono quelli di liberare il debitore, all’esito della procedura, da tutti i crediti anteriori anche se non soddisfatti.

1. L’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento del debitore non consumatore.

Per quel che concerne invece le fasi caratterizzanti la procedura, finalizzata alla conclusione dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento del debitore non consumatore, esse sono:

1. Il deposito della domanda.

Il debitore deve depositare presso il Tribunale del luogo di residenza o sede, unitamente alla proposta, l’elenco dei beni, dei creditori, delle somme dovute, gli atti di disposizione compiuti negli ultimi 5 anni, le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e l’attestazione sulla fattibilità dell’accordo.

Deve depositare inoltre l’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento personale e della sua famiglia. Ove svolgesse attività di impresa, è tenuto a depositare altresì le scritture contabili degli ultimi tre esercizi, con la relativa attestazione di conformità all’originale.

Con il deposito viene sospesa la decorrenza degli interessi convenzionali o legali, salvo che i crediti siano garantiti da ipoteca, pegno o privilegio e ove la proposta preveda la continuazione dell’attività di impresa, il debitore può prevedere una moratoria fino ad un anno dall’omologazione, per il pagamento dei creditori garantiti da ipoteca, pegno o privilegio.

2. La verifica della fattibilità.

Il giudice provvede con decreto a fissare un’udienza, dandone pubblicità e ordinando la trascrizione ove necessario, a cura dell’organismo appositamente istituito. Dal momento dell’emissione del decreto, scatta l’effetto protettivo del patrimonio del debitore, che non può essere aggredito mediante azioni individuali dei creditori.

3. L’accordo.

Il consenso dei creditori deve pervenire all’organismo di composizione della crisi, almeno dieci giorni prima dell’udienza, mediante dichiarazione dagli stessi sottoscritta. La mancata comunicazione viene valutata come silenzio assenso.

Per addivenire all’omologazione è necessario l’ottenimento del 60 % dei crediti. I creditori privilegiati che vengono integralmente soddisfatti non hanno diritto di voto, se non rinunciano al diritto di prelazione.

4. L’omologazione.

Se l’accordo è raggiunto, l’organismo trasmette ai creditori l’accordo stesso con una propria relazione, assegnando ai creditori il termine di 10 giorni per eventuali contestazioni.

Segue la trasmissione al giudice, unitamente ad un’attestazione definitiva sulla fattibilità; il giudice provvede all’omologazione con successiva pubblicazione.

5. L’esecuzione.

Con riferimento all’esecuzione, il giudice può, su proposta dell’organismo di composizione della crisi, nominare un liquidatore. L’organismo stesso vigila sull’esatto adempimento, comunicando ai creditori ogni eventuale irregolarità.

6. Fasi eventuali.

Le fasi eventuali concernono l’impugnazione e la risoluzione dell’accordo. Può essere proposto l’annullamento quando è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo oppure sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo oppure quando sono state dolosamente simulate attività inesistenti. Il termine per l’azione di annullamento è di sei mesi dalla scoperta e in ogni caso non superiore a due anni dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento.

La risoluzione può essere chiesta in caso di inadempimento dell’accordo da parte del debitore. Il termine per l’azione di risoluzione è di sei mesi dalla scoperta e in ogni caso non superiore ad un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento.

2. Il piano del consumatore.

Avuto riguardo invece alle peculiarità della procedura prevista per il debitore “consumatore”, oltre all’ovvio requisito soggettivo della qualità di consumatore come già sopra specificato, esse risiedono principalmente nella sufficienza della valutazione giudiziale di fattibilità della proposta; pertanto, non è necessario acquisire il consenso dei creditori in ordine al piano proposto dal consumatore. Alla proposta del consumatore deve essere allegata una relazione particolareggiata dell’organismo di composizione della crisi, la quale deve contenere: l’indicazione della cause dell’indebitamento, le ragioni dell’incapacità di adempiere alle obbligazioni, il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni ed il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata e sulla probabile convenienza del piano.

3. La liquidazione del patrimonio.

In alternativa alle procedure di ristrutturazione sopra citate, la legge 221/2012 ha introdotto nel testo originario della legge 3/2012 un’alternativa, di carattere tuttavia esclusivamente liquidatoria.

La sezione seconda della legge, dall’articolo 14-ter all’articolo 14-terdecies, prevede la possibilità per il debitore (sia consumatore che non) di accedere alla procedura di liquidazione del patrimonio. La domanda viene presentata al Tribunale del luogo di residenza, allegando, oltre alla documentazione attestante la situazione di sovraindebitamento, anche l’inventario di tutti i beni del debitore. Il Giudice, ove ritiene di poter aprire la procedura, emette decreto con cui viene nominato un liquidatore. Sino al momento in cui il provvedimento di omologazione non diventa esecutivo, non possono essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive. La durata minima della procedura è di 4 anni.

Il liquidatore forma l’inventario dei beni da liquidare e ne dà comunicazione ai creditori, i quali possono partecipare, depositando idonea domanda. Come nelle ordinarie procedure fallimentari viene predisposto uno stato passivo e successivamente un programma di liquidazione. Non appena il programma di liquidazione è eseguito e comunque non prima che siano trascorsi quattro anni dal deposito della domanda, il giudice dispone la chiusura della procedura.

A conclusione della procedura di liquidazione, il debitore può ottenere, a seguito di istanza e verifica dei presupposti (sia soggettivi che oggettivi: pertanto l’aver cooperato e non ritardato lo svolgimento della procedura, non aver beneficiato di altra esdebitazione, non aver subito condanne penali ai sensi dell’art. 16 L. 3/2012 ed aver svolto nei quattro anni un’attività lavorativa adeguata), il beneficio dell’esdebitazione ovvero la liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti.

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