In data 6 aprile 2023 è stata pubblicata un’importantissima sentenza della Corte di Cassazione Civile che, a Sezioni Unite, segna una tappa determinante nella tutela effettiva dei diritti del consumatore, a fronte della più recente giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, tanto da arrivare ad incidere sul principio di intangibilità del giudicato in caso di violazione dei diritti dei consumatori. In particolare, la Corte si è occupata dell’ipotesi del procedimento esecutivo avviato in forza di un decreto ingiuntivo rilasciato sulla base di un contratto contenente clausole abusive, non rilevate dal giudice del procedimento monitorio.

La sentenza in commento riveste rilevante importanza altresì perché si inserisce in un filone giurisprudenziale della Corte di Cassazione che attribuisce un ruolo determinante alle decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, riconoscendo concretamente il valore vincolante delle interpretazioni delle norme di derivazione europea ivi contenute.

1. Lo svolgimento processuale.

Per una migliore comprensione della rilevanza del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, si rende necessario un breve riepilogo dei fatti.

Nel 2007 una signora ha stipulato un contratto di fideiussione con un istituto di credito, costituendosi garante per le obbligazioni assunte da una società. A fronte dell’inadempimento della società e dell’escussione senza esito della garanzia, l’istituto di credito ha ottenuto dal Tribunale di Sondrio un decreto ingiuntivo nei confronti della signora. Il decreto non è stato opposto ed in base al titolo l’istituto è intervenuto nella procedura di espropriazione immobiliare avviata da altro creditore contro la debitrice. Dopo l’aggiudicazione ed il versamento del prezzo ed il deposito da parte del Giudice del progetto di distribuzione, l’esecutata ha dedotto l’insussistenza del diritto di credito dell’istituto per nullità del titolo, poiché emesso da un giudice territorialmente incompetente. Il progetto di distribuzione è stato però dichiarato esecutivo.

Avverso l’ordinanza la debitrice ha proposto opposizione ex art. 617 c.p.c. ribadendo la nullità del titolo azionato in via esecutiva per essere stato emesso da un giudice territorialmente incompetente, adito in forza di una clausola illegittimamente derogatrice del foro contenuta nel contratto di fideiussione.

Il Giudice, pur riconoscendo la qualità di consumatore alla debitrice, ha rigettato l’opposizione ritenendo che il rimedio corretto fosse, invece, individuabile nell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.

Avverso la sentenza, la debitrice ha quindi proposto ricorso straordinario per cassazione per due diversi motivi, deducendo con entrambi “la violazione e/o errata interpretazione della direttiva 93/13 e dell’art. 19 del TUE, con riferimento al principio di effettività della tutela del consumatore, mettendo in discussione l’impossibilità, a fronte di decreto ingiuntivo non opposto, sia di “un secondo controllo d’ufficio nella fase dell’esecuzione sulla abusività delle clausole contrattuali”, sia di “una successiva tutela, una volta spirato il termine per proporre opposizione nei confronti del decreto ingiuntivo”.

2. La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Pur avendo la debitrice rinunciato al ricorso nelle more del procedimento, la Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 363 c.p.c. ed in ossequio alla propria funzione nomofilattica, ha comunque ritenuto necessario enunciare il principio di diritto nell’interesse della legge, “a fronte della particolare rilevanza della questione e della situazione di grave incertezza interpretativa determinata dalle quattro recenti sentenze del 17 maggio 2022 della Corte di Giustizia, tutte relative ad analoghe vicende, inerenti le sorti del giudicato nazionale dinanzi alla normativa eurounitaria qualificata inderogabile dalla CGUE”.

Si precisa che il perimetro della pronuncia deve limitarsi alla fattispecie del caso de quo, qui individuata dall’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di un professionista che il consumatore non ha opposto, lamentando, però, in sede di procedura esecutiva per il soddisfo del credito ingiunto, l’omesso rilievo officioso del giudice del procedimento monitorio su una clausola abusiva presente nel contratto e, quindi, chiedendo al giudice dell’esecuzione di farsi carico del controllo sull’abusività della clausola contrattuale. Pertanto, “le strette coordinate della pronuncia da adottare ai sensi dell’art. 363 c.p.c. sono, dunque, quelle, soltanto, della tutela consumeristica di cui alla direttiva 93/13/CEE, concernente l’abusività di clausole presenti in contratto concluso con professionista, nel contesto dell’anzidetta specifica scansione processuale di diritto nazionale”.

E a tal fine la Corte di Cassazione riconosce preliminarmente che l’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea degli artt. 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE (“direttiva concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori”) ha efficacia cogente, atteso che alla CGUE è attribuita la competenza esclusiva di interpretazione delle norme dell’ordinamento dell’Unione, le cui decisioni sono vincolanti fonti del diritto eurounitario, aventi efficacia erga omnes nell’ambito dell’Unione stessa.

Ed in forza di questo si instaura tra la CGUE ed il giudice nazionale un rapporto di complementarità, secondo il quale il Giudice nazionale deve intendersi come “giudice comunitario di diritto comune” avente il potere sia di interpretare il diritto interno – conformemente al diritto dell’Unione o di disapplicarlo – sia di applicare il diritto unionale come interpretato dalla Corte di Giustizia.

Le sentenze del 17 maggio 2022 pronunciate dal Collegio della Grande sezione della CGUE, e prese in considerazione nella decisione in commento, sono la sentenza in C-600/19, Ibercaja Banco, la sentenza in cause riunite C-693/19, SPV Project 1503, e C831/19, Banco di Desio e della Brianza, la sentenza in C-725/19, Impuls Leasing Romania e la sentenza in C-869/19, Unicaja Banco.

Facendo particolare riferimento alla sentenza C831/19, Banco di Desio e della Brianza, si riporta la risposta della CGUE alla questione sollevata dal Tribunale di Milano: “L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale prevede che, qualora un decreto ingiuntivo emesso da un giudice su domanda di un creditore non sia stato oggetto di opposizione proposta dal debitore, il giudice dell’esecuzione non possa – per il motivo che l’autorità di cosa giudicata di tale decreto ingiuntivo copre implicitamente la validità delle clausole del contratto che ne è alla base, escludendo qualsiasi esame della loro validità – successivamente controllare l’eventuale carattere abusivo di tali clausole. La circostanza che, alla data in cui il decreto ingiuntivo è divenuto definitivo, il debitore ignorava di poter essere qualificato come “consumatore” ai sensi di tale direttiva è irrilevante a tale riguardo”.

Pertanto, laddove non siano stati garantiti controlli efficaci sul rispetto della non abusività delle clausole contrattuali, il principio dell’autorità di cosa giudicata soccombe di fronte all’interesse pubblico sotteso alla tutela che la direttiva 93/13 conferisce ai consumatori, attribuendo al Giudice il potere di effettuare detto controllo anche successivamente all’emissione del decreto ingiuntivo. Infatti, “è proprio la carente attivazione del giudice del monitorio – mancato rilievo officioso e omessa motivazione, imposti da norma imperativa (art. 6, par. 1, della direttiva 93/13/CEE) – che comporta, secondo il diritto dell’Unione (nell’interpretazione vincolante della CGUE: cfr. anche sentenza Ibercaja Banco), che la decisione adottata, sebbene non fatta oggetto di opposizione, è comunque insuscettibile di dar luogo alla formazione, stabile e intangibile, di un giudicato, così da consentire anche nella contigua sede esecutiva, dove si procede per l’attuazione del diritto accertato, una riattivazione del contraddittorio impedito sulla questione pregiudiziale pretermessa (concernente, per l’appunto, l’assenza di vessatorietà delle clausole del contratto) e, quindi, di un meccanismo processuale (come si vedrà nel prosieguo) che possa rimettere in discussione anche l’accertamento sul bene della vita implicato dal decreto ingiuntivo, ossia il credito riconosciuto giudizialmente.”

Dunque, nel nostro caso (ma analogamente in quello di cui alla coeva sentenza Ibercaja Banco), è proprio l’impedimento al contraddittorio, differito, sulla pregiudiziale dell’abusività delle clausole, conseguente all’omissione del giudice, che frustra il diritto di azione e difesa del consumatore, vulnerandone in modo insostenibile la tutela giurisdizionale effettiva, così da rendere vuota prescrizione anche quella, dettata dall’art. 7, par. 1, della direttiva 93/13/CEE (in ragione del 24 Considerando), che impone agli Stati membri di predisporre “mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e i consumatori”.

Di fatto, la Corte di Giustizia tra le esigenze di certezza dei rapporti giuridici, presidiate dal principio di immutabilità della decisione e le esigenze di effettività della tutela del consumatore, assegna prevalenza a queste ultime.

3. La decisione.

La Corte di Cassazione, quindi, alla luce della giurisprudenza sopra richiamata della Corte di Giustizia rappresentata in particolare dalla sentenza SPV / Banco Di Desio affronta il caso de quo individuando e dettando principi idonei a costituire una saldatura tra gli ordinamenti – sovranazionale ed interno – al fine di rendere concretamente operante il principio di effettività della tutela sia nella sua forma negativa (superare ostacoli alla piena realizzazione dei diritti e delle libertà) che pro-attiva (individuazione di misure e rimedi idonei alla piena espansione della tutela dei diritti e delle libertà).

La Corte distinguendo le varie fasi processuali in cui si deve/può intervenire al fine di garantire una tutela effettiva del consumatore dinanzi alle clausole abusive, in relazione alla fase monitoria rileva quanto segue.

La Corte di Cassazione, richiamando e facendo propri i principi elaborati dalla CGUE sopra esposti (a. dovere del giudice nazionale di esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale connessa all’oggetto della controversia; b. esercitare se necessario, d’ufficio, i poteri istruttori attribuiti dalla legge, ad esempio richiedendo la produzione di documentazione integrativa; c. dovere del giudice nazionale di disapplicare una clausola contrattuale abusiva, respingendo se del caso, parzialmente, la domanda) rileva che alla loro applicabilità non osta in alcun modo il diritto nazionale nell’assetto processuale delineato dagli artt. 633-644 c.p.c.

In particolare, la Corte sottolinea che l’art. 641 c.p.c. impone che il decreto ingiuntivo sia motivato. Infatti, il provvedimento deve consentire al debitore di valutare con cognizione di causa la sussistenza dei presupposti per proporne eventualmente opposizione. L’obbligo di motivazione deve essere “funzionale a dare al consumatore l’informazione circa l’assolvimento, da parte del giudice adito in via monitoria, del controllo officioso sulla presenza di clausole vessatorie a fondamento del contratto fonte del credito azionato dal professionista”. Ed un tanto è funzionale e strumentale all’esercizio del diritto di difesa del consumatore nella fase processuale a contraddittorio pieno.

Si precisa che la Corte – in ossequio al principio di cui alla sentenza CGUE Ibercaja Banco – ritiene che la disposizione ex art. 641 c.p.c. deve essere interpretata nel senso che, in presenza di adeguata motivazione del decreto, l’avvertimento secondo cui in caso di mancata opposizione si procederà ad esecuzione forzata deve intendersi nel senso che, in assenza di opposizione, il consumatore “decadrà dalla possibilità di far valere l’eventuale carattere abusivo” delle clausole del contratto. Un tanto, correttamente, limita l’applicabilità del principio di diritto espresso con la sentenza in commento, che dovrà fungere da correttivo per i soli casi di non adeguata motivazione del decreto ingiuntivo e, quindi, di non rilevamento dell’abusività di eventuali clausole contrattuali che dovessero venire azionate.

Per quanto riguarda, invece, la fase esecutiva, la Corte di Cassazione si occupa di prevedere i rimedi necessari per garantire una tutela effettiva al consumatore nel caso in cui, senza che siano stati rispettati i principi sanciti per la fase monitoria, il decreto ingiuntivo emesso sia divenuto irrevocabile.

La Corte ritiene che il Giudice dell’Esecuzione rivesta un ruolo attivo nell’individuazione dei profili di abusività delle clausole, in particolare, con il ricorso allo strumento dell’opposizione tardiva al decreto ingiuntivo di cui all’art. 650 c.p.c.

In particolare, il G.E. potrà dare atto, nel provvedimento di fissazione, rispettivamente, dell’udienza ex art. 530 c.p.c. (nel caso di vendita o assegnazione dei beni pignorati) o ex art. 543 c.p.c. (nel caso di espropriazione presso terzi), che il decreto ingiuntivo non è motivato e invitare il creditore procedente o intervenuto a produrre, in un certo termine prima dell’udienza, il contratto fonte del credito azionato in via monitoria, così da instaurare, nell’udienza stessa, il contraddittorio delle parti sull’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto. E se, in esito, rileva la possibile abusività, avvisa il debitore-consumatore che entro 40 giorni da tale informazione può proporre opposizione a decreto ingiuntivo e così far valere (soltanto ed esclusivamente) il carattere abusivo delle clausole contrattuali incidenti sul riconoscimento del credito oggetto di ingiunzione. Nel frattempo, il G.E. si asterrà dal procedere alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito.

Se un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. era già stata proposta, il Giudice adito riqualificherà l’opposizione come opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. rimettendo la decisione al giudice di questa con termine non inferiore a 40 giorni per la riassunzione (art. 50 c.p.c.).

A questo punto, il Giudice dell’opposizione, preso atto del rilievo di possibile abusività di clausole contrattuali, avrà il potere ex art. 649 c.p.c. di sospendere l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, mentre l’opposizione proseguirà secondo il rito ordinario.

Tale soluzione necessita, però, dell’adeguamento del diritto processuale interno al fine di garantire l’effettività della tutela del consumatore. Infatti, il ricorso allo strumento dell’opposizione tardiva si attiva interpretando la mancata motivazione del decreto ingiuntivo e l’assenza di avviso circa la possibilità di far valere l’abusività entro il termine di 40 gg come ipotesi riconducibile al “caso fortuito o forza maggiore” dando quindi facoltà al debitore consumatore di fare opposizione tardiva pur avendo avuto formalmente conoscenza del decreto ingiuntivo. Infatti, secondo la Corte “In tale specifica prospettiva, quindi, le indicate carenze formali del decreto monitorio vengono a configurare per il consumatore, privo della necessaria informazione per esercitare con piena consapevolezza i propri diritti, una causa non imputabile impeditiva della proposizione tempestiva dell’opposizione sul profilo della abusività delle clausole contrattuali e, dunque, il requisito richiesto dall’art. 650 c.p.c. per accedere all’opposizione tardiva.”

Si riporta, infine, il principio di diritto elaborato dalle Sezioni Unite Civili ai sensi dell’art. 363 co. 3 c.p.c.:

“Fase monitoria:

Il giudice del monitorio:

a) deve svolgere, d’ufficio, il controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore in relazione all’oggetto della controversia;

b) a tal fine procede in base agli elementi di fatto e di diritto in suo possesso, integrabili, ai sensi dell’art. 640 c.p.c., con il potere istruttorio d’ufficio, da esercitarsi in armonia con la struttura e funzione del procedimento d’ingiunzione:

b.1.) potrà, quindi, chiedere al ricorrente di produrre il contratto e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari anche in ordine alla qualifica di consumatore del debitore;

b.2) ove l’accertamento si presenti complesso, non potendo egli far ricorso ad un’istruttoria eccedente la funzione e la finalità del procedimento (ad es. disporre c.t.u.), dovrà rigettare l’istanza d’ingiunzione;

c) all’esito del controllo:

comma 1) se rileva l’abusività della clausola, ne trarrà le conseguenze in ordine al rigetto o all’accoglimento parziale del ricorso;

comma 2) se, invece, il controllo sull’abusività delle clausole incidenti sul credito azionato in via monitoria desse esito negativo, pronuncerà decreto motivato, ai sensi dell’art. 641 c.p.c., anche in relazione alla anzidetta effettuata delibazione;

comma 3) il decreto ingiuntivo conterrà l’avvertimento indicato dall’art. 641 c.p.c., nonché l’espresso avvertimento che in mancanza di opposizione il debitore-consumatore non potrà più far valere l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto e il decreto non opposto diventerà irrevocabile.

Fase esecutiva.

Il giudice dell’esecuzione:

a) in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell’abusività delle clausole, ha il dovere – da esercitarsi sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito – di controllare la presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull’esistenza e/o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo;

b) ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di diritto e fatto già in atti, dovrà provvedere, nelle forme proprie del processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria funzionale a tal fine;

c) dell’esito di tale controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole – sia positivo, che negativo – informerà le parti e avviserà il debitore esecutato che entro 40 giorni può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 c.p.c. per fare accertare (solo ed esclusivamente) l’eventuale abusività delle clausole, con effetti sull’emesso decreto ingiuntivo;

d) fino alle determinazioni del giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 649 c.p.c., non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito;

e) se il debitore ha proposto opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c., al fine di far valere l’abusività delle clausole del contratto fonte del credito ingiunto, il giudice adito la riqualificherà in termini di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e rimetterà la decisione al giudice di questa (translatio iudicii);

f) se il debitore ha proposto un’opposizione esecutiva per far valere l’abusività di una clausola, il giudice darà termine di 40 giorni per proporre l’opposizione tardiva – se del caso rilevando l’abusività di altra clausola – e non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito sino alle determinazioni del giudice dell’opposizione tardiva sull’istanza ex art. 649 c.p.c. del debitore consumatore.

Fase di cognizione

Il giudice dell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.:

a) una volta investito dell’opposizione (solo ed esclusivamente sul profilo di abusività delle clausole contrattuali), avrà il potere di sospendere, ex art. 649 c.p.c., l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, in tutto o in parte, a seconda degli effetti che l’accertamento sull’abusività delle clausole potrebbe comportare sul titolo giudiziale;

b) procederà, quindi, secondo le forme di rito.”

4. Il Vademecum del Tribunale di Milano.

A conferma della rilevanza sia sostanziale che pratica della decisione in analisi, il Tribunale di Milano ha costituito un gruppo di lavoro con il compito di elaborare un documento di sintesi di ausilio ai giudici al fine di garantire una corretta applicazione dei principi di diritto sopra esposti durante il controllo di vessatorietà nei procedimenti monitori.

Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano ha pubblicato il vademecum elaborato dal gruppo di lavoro costituito presso il Tribunale di Milano che si allega in calce.

Ovviamente, tale elaborato non contiene indicazioni vincolanti né sostituisce la valutazione, il convincimento ed il sindacato del Giudice sulla nullità delle clausole, ma si limita ad essere un valido strumento di aiuto per dare concreta applicazione alla Sentenza n. 9479/2023 delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione.

Per quanto riguarda, invece, gli Avvocati, tale vademecum costituisce parimenti un ausilio sia per la redazione di un ricorso per decreto ingiuntivo completo di tutti gli elementi necessari per agevolare la comprensione e valutazione da parte del Giudice del monitorio del decreto richiesto, nonché per eccepirne la nullità nell’eventuale sede di opposizione.

<< torna a tutte le notizie