Con l’ordinanza del 13 aprile 2021 n. 9700, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta sul tema del versamento diretto del contributo al mantenimento in favore del figlio maggiorenne non economicamente indipendente.

Nel caso di specie, il provvedimento di separazione avevo disposto a carico del padre il versamento di un contributo al mantenimento in favore del figlio all’epoca minorenne. A seguito di accordo tra le parti, con il raggiungimento della maggiore età, il padre aveva iniziato a corrisponderlo direttamente al figlio e, qualche anno dopo, la madre aveva notificato all’uomo atto di precetto per un notevole importo a titolo di arretrati per il mantenimento del ragazzo, cui il padre si è opposto ex art. 615 c.p.c..

Il Tribunale, accogliendo l’opposizione, aveva ritenuto insussistente il debito, anche in forza dell’ammissione dell’esistenza dell’accordo dalla madre del ragazzo.

La Corte d’Appello, invece, in riforma della sentenza impugnata statuiva che il versamento diretto al figlio poteva avvenire solo a seguito di un provvedimento giurisdizionale di mutamento delle condizioni della separazione che, nel caso in esame, non era presente.

L’uomo presentava così ricorso per Cassazione formulando due motivi.

Con il primo motivo denunciava l’omesso esame da parte della Corte d’Appello di un fatto decisivo, costituito dalla dichiarazione della signora in cui ammetteva di aver convenuto che l’assegno venisse versato direttamente al figlio.

Il motivo è stato dichiarato infondato, poiché la disanima della dichiarazione è da ritenersi irrilevante, dal momento che “qualsiasi accordo, anche tacito, fra le parti, non poteva avere l’effetto di autorizzare il debitore a versare l’assegno nelle mani del figlio, in assenza di un provvedimento giurisdizionale che avesse modificato, su istanza di quest’ultimo, le statuizioni contenute nella sentenza di separazione”.

Col secondo motivo il ricorrente prospettava la violazione degli artt. 155 quinquies e 337 septies c.c., ritenendo che l’obbligo di versamento dell’assegno di mantenimento del figlio potesse essere modificato per concorde volontà delle parti ,senza bisogno di un provvedimento giurisdizionale; che il titolare del credito di mantenimento fosse il figlio maggiorenne; che la legittimazione a domandare il pagamento dell’assegno di mantenimento del figlio spettasse al genitore solo nel caso di inerzia di quest’ultimo.

La Corte di Cassazione ha ritenuto tale ricostruzione fondata su due errati presupposti interpretativi: che il creditore e il debitore dell’assegno di mantenimento possono modificare le statuizioni contenute nella sentenza di separazione e che tale facoltà è confermata da quanto previsto dall’art. 337 septies c. 1 c.c., recante disposizioni in favore dei figli maggiorenni.

Rigettando anche il secondo motivo di ricorso, i Giudici hanno ribadito il principio secondo cui la determinazione dell’assegno di mantenimento dei figli risponde ad un interesse superiore ed indisponibile dalle parti. Quindi, un accordo tra i genitori non può modificare la persona del creditore o del debitore come stabiliti nel provvedimento giurisdizionale, trattandosi di diritto indisponibile ed un eventuale accordo tra le parti per il versamento diretto al figlio sarebbe nullo.

La Corte è arrivata però a fornire una soluzione alternativa al ricorso al Giudice per modificare il destinatario del pagamento del contributo al mantenimento, laddove osserva che: “il coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento del figlio potrebbe, in teoria, indicare quest’ultimo quale adiectus solutionis causa, ai sensi dell’art. 1188 c.c.: ma, da un lato, altro è l’indicazione di pagamento (la quale non muta la persona del creditore), ben altra cosa invece è la sostituzione del creditore fissato dal titolo giudiziale con altro creditore”.

Fermo quanto sopra, la Cassazione ha confermato la propria posizione secondo cui il creditore della prestazione, così come indicato dal provvedimento di separazione, non può essere modificato dalle parti: “il pagamento dell’assegno di mantenimento direttamente al figlio maggiorenne, invece che al genitore convivente, non è una facoltà dell’obbligato, ma può essere solo il frutto di una decisione giudiziaria”.

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