Quesito:

È possibile detrarre le spese sostenute per lavori di ristrutturazione edilizia che prevedono un ampliamento della volumetria dell’edificio?

Prima risposta:

La risposta al quesito posto, in considerazione della recente modifica alla disciplina vigente, pare essere, affermativa: l’art. 16bis D.P.R. 917/1986 (TUIR) prevede, infatti, la possibilità di beneficiare di una detrazione fiscale nell’ipotesi di “ristrutturazione edilizia”; questo concetto è definito dall’art. 3 D.P.R. 380/2001 (TUE – Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e – grazie ad un recente intervento normativo – la sua portata sembra sia stata estesa fino a ricomprendere anche l’intervento edilizio che comporta un aumento della cubatura dell’edificio. Di conseguenza, nel rispetto dei criteri ivi indicati (che saranno qui di seguito analizzati), tutte le spese sostenute (sia per la parte preesistente, sia per la parte estesa) dovrebbero accedere all’agevolazione prevista, naturalmente nei limiti di cui alla normativa in materia. Come si vedrà, tuttavia, l’Agenzia delle Entrate attualmente – almeno in alcuni interpelli – non condivide tale interpretazione, ritenendo che, in seguito alla novella, la detrazione si applichi alle sole ipotesi di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione dell’edificio e per la sola parte esistente.

Prima di procedere con un’analisi della (nuova) disciplina e della posizione dell’Agenzia, si ritiene opportuno elencare brevemente i benefici fiscali di cui possono in generale fruire i contribuenti che intendono eseguire interventi di natura edilizia sui propri immobili.

In secondo luogo, è altresì necessario analizzare i motivi che in passato portavano ad escludere in toto dal beneficio fiscale le spese sostenute per ampliare gli edifici.

Da ultimo sarà esposta la modifica normativa, unitamente alle ragioni che – ad opinione degli scriventi – dovrebbero portare ad una rilettura estensiva di tale interpretazione, che saranno confrontate con l’attuale posizione dell’Agenzia delle Entrate.

1. Le agevolazioni fiscali previste.

1.1. La detrazione di cui all’art. 119 D.L. 19 maggio 2020 (il cd “Superbonus 110”)

L’ordinamento prevede diverse tipologie di detrazione, che mutano a seconda dell’intervento programmato.

Il beneficio maggiore è indubbiamente quello che è stato introdotto con gli artt. 119 ss D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (conv. con L. 17 luglio 2019, n. 77), che prevede una detrazione pari al 110% delle spese sostenute (cd. “Superbonus 110”); in caso di ampliamento, tuttavia, tale agevolazione non può essere applicata poiché il comma 3 dell’art. 119 D.L. 34/2020, pur ammettendo all’agevolazione gli interventi di “ristrutturazione edilizia” di cui alla lettera d), comma 1, art. 3 TUE, limita tale possibilità ai soli casi in cui la ristrutturazione avvenga attraverso un’opera di demolizione e ricostruzione dell’edificio e, in ogni caso, solo per le spese relative alla parte esistente.

1.2. La detrazione di cui all’art. 14 D.L. 4 giugno 2013.

Ulteriore agevolazione prevista è quella di cui all’art. 14 D.L. 4 giugno 2013, n. 63 (conv. con L. 03 agosto 2013, n. 90), che concerne interventi volti a migliorare l’efficienza energetica dell’edificio. Anche in tal caso, però, il progettato ampliamento impedisce la possibilità di fruire del beneficio fiscale, poiché – come chiarito dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 39/E del 1° luglio 2010 – questo è applicabile solo se l’intervento di efficientamento energetico concerne una parte già esistente dell’edificio, mentre la parte “ampliata” è da considerarsi quale “nuova costruzione”.

1.3. La detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio ai sensi dell’art. 16-bis, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

Come anticipato in premessa, le spese inerenti ad un intervento che comporta ampliamento dell’edificio, secondo la nostra interpretazione, possono – a certe condizioni – essere detratte in considerazione del disposto di cui al comma 1 dell’art. 16-bis TUIR, in vigore dal 1° gennaio 2012. Tale norma prevede che:

“1. Dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 36 per cento delle spese documentate, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare, sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile sul quale sono effettuati gli interventi:

a)      di cui alle lett. a), b), c) e d) dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, effettuati sulle parti comuni di edificio residenziale di cui all’articolo 1117, del codice civile;

b)      di cui alle lettere b), c) e d) dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e sulle loro pertinenze; […]”

I limiti massimi indicati dal comma 1 dell’art. 16-bis TUIR sono stati aumentati dall’art. 16 D.L. 4 giugno 2013, n. 63 (norma da ultimo modificata dall’art. 1, comma 58 L. 30 dicembre 2020, n. 178), che dispone nella versione attuale:

“Per le spese documentate, relative agli interventi indicati nel comma 1 dell’art. 16bis del testo unico delle imposte sui redditi, spetta una detrazione dall’imposta lorda fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare. La detrazione è pari al 50 per cento per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2021”.

Dunque, in virtù del combinato disposto degli artt. 16-bis TUIR e 16 D.L. 63/2013, nel rispetto dei requisiti stabiliti dalla legge (che saranno di seguito analizzati), il contribuente può beneficiare di una detrazione pari al 50 per cento su una spesa complessiva e quindi l’importo detraibile potrà essere non superiore a 48.000.

Dati i rinvii all’art. 3 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico dell’Edilizia), tra gli interventi che possono godere dell’agevolazione di cui all’art. 16-bis TUIR vi sono quelli di manutenzione ordinaria (lett. a), manutenzione straordinaria (lett. b), restauro e risanamento conservativo (lett. c), ristrutturazione edilizia (lett. d).

L’intervento che comporta un ampliamento dell’immobile – ora con la riformulazione del concetto “interventi di ristrutturazione edilizia”, in vigore dal 17.07.2020 (art. 10, lettera b) n. 2 d.l. 16.7.2020, n. 76, cd. Decreto “Semplificazione) – dovrebbe essere ricompreso nel più ampio concetto di “ristrutturazione edilizia”. Prima di procedere con una sua analisi, occorre tuttavia approfondire la posizione adottata in passato dall’Agenzia delle Entrate, che, sulla scorta della disciplina previgente, escludeva dal beneficio fiscale tale tipologia di intervento.

2. L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate prima della modifica dell’art. 3 TUE: esclusione dal beneficio fiscale dell’intervento di ristrutturazione edilizia con ampliamento.

Nell’affrontare la questione della detraibilità delle spese in ipotesi di ristrutturazione dell’edificio con ampliamento, l’Agenzia delle Entrate ha sempre fornito una soluzione negativa, stabilendo il principio secondo il quale per accedere all’agevolazione fiscale di cui all’art. 16-bis TUIR, le spese sostenute per la ristrutturazione della parte esistente e le spese sostenute per l’ampliamento devono essere mantenute separate. Il procedimento argomentativo poggia sulla definizione di “ristrutturazione edilizia”, che – prima della novella – non comprendeva l’ipotesi di intervento con ampliamento dell’edificio; di conseguenza, tali lavori rientravano nella residuale categoria degli “interventi di nuova costruzione”, definiti alla lettera e), comma 1, art. 3 TUE (e non richiamata dall’art. 16-bis TUIR).

Per meglio comprendere la posizione dell’Agenzia si ritiene utile analizzare i motivi che hanno portato all’enunciazione di tale principio.

Con Circolare n. 39/E del 1° luglio 2010, affrontando la questione concernente la detraibilità degli interventi di risparmio energetico (di cui alla L. 296/2006), l’Agenzia ha chiarito che, in ipotesi di ristrutturazione senza demolizione ma con ampliamento dell’ immobile, l’agevolazione non può riguardare gli interventi di riqualificazione energetica globale dell’edificio, bensì solo quelli per i quali la detrazione può essere valutata considerando le caratteristiche costruttive tecniche dei singoli elementi costruttivi (pareti, infissi, …) o di singoli impianti (pannelli solari, caldaie, …) riguardanti la parte già esistente dell’edificio (e non quella “ampliata”).

Il medesimo principio è stato ribadito nella Risoluzione 4/E del 04 giugno 2011. In tal caso, si chiedeva se fossero fruibili le agevolazioni fiscali del 36 e 55% (all’epoca previste dalla L. 449 del 1997, ma dal 2011 confluite nel TUIR) anche per gli interventi previsti dal cd Piano Casa (D.L. 25 giugno 2008, n. 112, conv. con L. 6 agosto 2008, n. 133), ossia quel sistema di norme che consente di effettuare ampliamenti o ricostruzioni di edifici sulla base di leggi regionali e che permette ai Comuni di concedere permessi per ampliare edifici abitativi esistenti fino al 20% del volume. Nello specifico, si chiedeva se tali bonus fossero azionabili anche “per gli interventi di ampliamento previsti dal c.d. Piano Casa”.

Per rispondere al quesito, l’Agenzia ha richiamato l’art. 3 TUE, chiarendo che la norma colloca tra gli interventi di ristrutturazione edilizia (lett. d) “quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quelli preesistenti”, dovendosi invece ricondurre al concetto di nuova costruzione (lett. e) quelli riguardanti la “realizzazione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente”.

Sulla base di ciò, l’Agenzia ha affermato che, nell’ipotesi di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione, il bonus compete solo in caso di fedele ricostruzione, nel rispetto di volumetria e sagoma dell’edificio preesistente; nell’ipotesi in cui, invece, la ristrutturazione avvenga senza demolizione dell’edificio, ma con ampliamento dello stesso, la detrazione compete solo per le spese riferibili alla parte esistente, in quanto l’ampliamento configura una “nuova costruzione”.

In conclusione, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che gli interventi di ampliamento, in considerazione delle definizioni di cui all’art. 3 TUE, sono sempre da ritenersi come “nuova costruzione”.

Tale interpretazione è stata riportata anche nella più recente Guida dell’Agenzia delle Entrate concernente “Ristrutturazioni edilizie: le agevolazioni fiscali”, pubblicata nel mese di luglio 2019.

In primo luogo, si è confermato che si può usufruire dell’agevolazione per i lavori sulle unità immobiliari che hanno ad oggetto interventi elencati alle lettere a), b), c), d) dell’art. 3 TUE, dunque per interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia.

In secondo luogo, per quanto concerne gli interventi di ristrutturazione edilizia, è stato ribadito che, nell’ipotesi di ristrutturazione (senza demolizione) con ampliamento dell’edificio, la detrazione spetta solo per le spese riguardanti la parte esistente, in quanto l’ampliamento configura una “nuova costruzione”.

Da ultimo, con Circolare 19/E del 08 luglio 2020, l’Agenzia ha evidenziato alcuni aspetti fondamentali, presentando in parte degli approcci nuovi:

a)       In ipotesi di ristrutturazione edilizia che prevede la demolizione e ricostruzione dell’edificio, non vi sono limiti al rispetto delle sagome o del sedime della superficie; l’unico vincolo è il rispetto della volumetria esistente. Di conseguenza, qualora la volumetria dell’edificio risulti – in seguito ai lavori – maggiore rispetto allo stato precedente, non compete la detrazione, dovendosi qualificare l’intero intervento come “nuova costruzione” e non come “ristrutturazione edilizia”;

b)      Nel caso in cui l’ampliamento consegua ad un intervento di ristrutturazione senza previa demolizione dell’edificio esistente, “la detrazione compete solo per le spese riferibili alla parte esistente, in quanto l’ampliamento configura, comunque, una “nuova costruzione”. Si pone così in capo al contribuente l’onere di mantenere distinte, in termini di fatturazione, le due tipologie di intervento (ristrutturazione e ampliamento); in alternativa, con apposita attestazione rilasciata dall’impresa di costruzione/ristrutturazione (o dal direttore dei lavori), può indicare gli importi riferibili a ciascuna tipologia di intervento.

3. Il nuovo quadro normativo in seguito all’emanazione del D.L. 16 luglio 2020, n. 76.

L’interpretazione fornita in passato dall’Agenzia delle Entrate muoveva attorno al concetto di “ristrutturazione edilizia” di cui alla lett. d) dell’art. 3 TUE; tale lettera – come anticipato in premessa – è stata modificata dall’art. 10 D.L. 16 luglio 2020, n. 76 (conv. con L. 11 settembre 2020, n. 120).

Per chiarezza, si riporta la disposizione previgente:

“d) “interventi di ristrutturazione edilizia”: […]. […]. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e di interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente”.

Questo invece il testo della disposizione, modificato dall’art. 10 del D.L. 76/2020:

“d) “interventi di ristrutturazione edilizia”: gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”.

4. Ragioni a fondamento di una nuova interpretazione della disciplina. La lettera della norma.

Da un primo confronto delle due disposizioni si evince che il legislatore ha apportato un notevole mutamento del concetto di “ristrutturazione edilizia”, che si percepisce già da una lettura dei diversi periodi che compongono la lett. d), art. 3 TUE.

Resta ferma la definizione generale di “ristrutturazione edilizia”, da intendersi quale sistema di interventi aventi lo scopo di trasformare gli organismi edilizi, a prescindere che ciò avvenga demolendo e ricostruendo l’immobile o meno.

Per espressa volontà del legislatore, ai sensi del nuovo terzo periodo, la definizione comprende anche gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti “con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’installazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico”. Non leggendosi locuzioni restrittive (come “nei soli casi”, “nei limiti”, …), si ritiene che tale diritto a detrarre le spese abbia carattere generale e sussista quando, a seguito di un intervento di ristrutturazione edilizia, l’edificio risulti diverso (per sedime, sagoma e/o volumetria) rispetto a quello preesistente.

Oggetto del quarto periodo sono invece interventi di ristrutturazione edilizia (in tal caso, non è specificata la necessità di demolizione e ricostruzione) che prevedano un incremento della volumetria dell’edificio. Un limite si ricava dalle due riserve previste: la detrazione, infatti, è ammessa solo se l’intervento è espressamente previsto dalla legislazione vigente (riserva di legge) o dagli strumenti urbanistici comunali (riserva di provvedimento amministrativo comunale).

Considerando la lettera del nuovo art. 3 TUE, appare evidente che i due periodi hanno ad oggetto situazioni distinte. In un caso (terzo periodo), il beneficio fiscale è concesso senza limiti quando l’ampliamento della volumetria sia il risultato di una ristrutturazione con demolizione e ricostruzione dell’edificio. Nel secondo caso (quarto periodo), ciò deve ritenersi ammesso in tutti gli altri casi (compresi quelli di intervento senza demolizione), a condizione che l’aumento di cubatura sia previsto nel caso specifico – per promuovere interventi di rigenerazione urbana – dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali.

Da ultimo pare opportuno osservare che se il legislatore avesse voluto limitare l’operatività del quarto periodo ai soli casi di intervento con ristrutturazione e demolizione, lo avrebbe chiarito espressamente, come effettuato nel disposto di cui al periodo precedente.

4.1. La ratio della riforma. La relazione illustrativa all’art. 10 D.L. 76/2020.

Una nuova lettura del sistema delle detrazioni fiscali in ipotesi di ristrutturazione con ampliamento si evince anche dalla ratio complessiva della riforma, ricavabile dalla lettura della relazione illustrativa dedicata all’art. 10 D.L. 76/2020.

Da subito sono sanciti gli obiettivi delle nuove semplificazioni in materia edilizia: promuovere la rigenerazione urbana, la riduzione del consumo del suolo e – in generale – la qualità del tessuto urbano. Allo stesso modo, si chiarisce che la riforma può aiutare la ripresa del settore edilizio, la quale tuttavia non deve comportare – come in passato – uno sviluppo insediativo fondato sul consumo di terreni; conseguenza di tale previsione è la necessità di agevolare gli interventi sul patrimonio edilizio già esistente, favorendo “il risanamento del costruito, il recupero, la ristrutturazione e il restauro degli edifici a fini antisismici e di risparmio energetico”.

Nel rispetto dei suddetti princìpi, il legislatore ha ritenuto necessario modificare le definizioni di cui all’art. 3 TUE, considerando che uno dei filoni di intervento consta proprio nella “rivisitazione della definizione degli interventi edilizi sul patrimonio edilizio esistente, ed in particolare della manutenzione straordinaria, della ristrutturazione edilizia e degli interventi realizzabili con il permesso di costruire in deroga, agendo sui requisiti, limiti e condizioni che li connotano”.

Un tanto considerato, è da ritenersi assolutamente rispettosa della ratio della novella una lettura estensiva della disciplina vigente, che comporterebbe – nel rispetto dei limiti indicati dalle norme – la possibilità di portare in detrazione le spese sostenute in ipotesi di ristrutturazione con ampliamento dell’edificio anche qualora ciò avvenga senza previa demolizione e ricostruzione del medesimo.

A parere degli scriventi, l’interpretazione restrittiva dell’Agenzia delle Entrate non trova giustificazione per i seguenti motivi.

In primo luogo, l’agevolazione spetterebbe – paradossalmente – ai soli interventi che, pur effettuati per il medesimo scopo (ampliamento dell’edificio), prevedono un utilizzo decisamente maggiore di materiali e risorse, con un conseguente aumento non solo dei costi sostenuti, ma anche dell’impatto ambientale. Tale discrasia contrasta quindi anzitutto con lo scopo e lo spirito “ecologico” del legislatore.

In secondo luogo, la distinzione operata è da ritenersi discriminatoria, poiché considera diversamente interventi che per la loro natura, i loro scopi e i risultati sono sostanzialmente identici.

5. L’interpretazione restrittiva fornita ancora oggi dall’Agenzia delle Entrate.

Nonostante la portata dell’intervento legislativo, non si è – ancora – assistito ad un cambio di rotta da parte dell’Agenzia delle Entrate. Questa ha infatti nuovamente sposato una lettura restrittiva della disciplina, come si evince dalle Risposte n. 12 del 07 gennaio 2021, n. 24 del 08 gennaio 2021. Nei provvedimenti si è infatti affermato che, in ipotesi di ristrutturazione con ampliamento (senza demolizione), rimane valida la precisazione fornita con circolare 19/E del 2020, nonostante le modifiche apportate all’art. 3 TUE. Tale assunto è fondato sul fatto che le modifiche all’art. 3 TUE concernono solo gli interventi edilizi di demolizione e successiva ricostruzione di edifici esistenti (i quali sono ricompresi nella lettera d) della disposizione) “anche se non viene rispettata la sagoma e il sedime originari dell’edificio demolito, e anche se l’intervento prevede un incremento volumetrico consentito dalle disposizioni normative urbanistiche o dagli strumenti urbanistici comunali”.

Un tanto considerato, è evidente che l’Agenzia ha limitato ai soli casi di demolizione e ricostruzione l’applicabilità non solo del disposto di cui al terzo periodo (che richiama espressamente tale limitazione), ma anche di quanto stabilito al quarto periodo della lettera d) (dove, come visto, tale restrizione non è prevista).

Le ragioni che hanno portato l’Agenzia delle Entrate a sposare tale posizione sono state in seguito esposte nella Risposta n. 88 del 8 febbraio 2021, in cui è stata richiamata la relazione illustrativa all’art. 10 D.L. 76/2020.

In primo luogo, considerando che con la modifica del concetto di ristrutturazione edilizia si è inteso “chiarire i requisiti che devono essere posseduti dall’edificio da ricostruire”, l’Agenzia ha chiarito che con ciò è stato consolidato il principio (in passato non diffusamente condiviso) secondo cui “gli interventi di ristrutturazione ricostruttiva possono prevedere che l’edificio da riedificare presenti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche differenti rispetto a quello originario”.

In secondo luogo, “allo scopo di coordinare l’attuale definizione della ristrutturazione ricostruttiva con le norme già presenti in altre discipline incidenti sull’attività edilizia, si precisa che il medesimo edificio può presentare quegli incrementi volumetrici necessari, oltre che per l’adeguamento alla normativa antisismica (già previsto dall’art. 3, comma 1, lettera d), del DPR n. 380/2001), anche per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’installazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico”.

Da ultimo si è specificato che “l’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. È evidente l’obiettivo della norma di evitare che la previsione nei piani di rigenerazione urbana di incentivi volumetrici in caso di interventi di demolizione e ricostruzione porti, in realtà, a qualificare l’intervento come una nuova costruzione soggetta ad un differente regime giuridico (in termini di titolo edilizio richiesto, onerosità dello stesso, disposizioni generali applicabili, ecc.)”.

5.1. La posizione espressa dall’Agenzia delle Entrate con la Risposta n. 175 del 16.03.2021.

Pur inerendo all’agevolazione di cui all’art. 119 D.L. 19 maggio 2020 (cd Superbonus), sopra brevemente esposto, merita una breve trattazione la risposta n. 175 del 16.03.2021 fornita dall’Agenzia delle Entrate, alla quale veniva chiesto se, a seguito della modifica introdotta all’art. 3, comma 1, lett. d) DPR 380/2001, in ipotesi di “ristrutturazione edilizia” consistente nella demolizione e ricostruzione dell’edificio con ampliamento, risultino agevolabili gli interventi effettati sulla parte ampliata.

In via preliminare, l’Agenzia ha precisato che il beneficio fiscale spetta anche a fronte di interventi realizzati mediante demolizione e ricostruzione inquadrabili nella categoria della “ristrutturazione edilizia” ai sensi dell’art. 3 DPR 380/2001.

Per quanto concerne l’intervento prospettato dall’istante, l’Agenzia – citando la circolare n. 24/E dell’8 agosto 2020 – ha affermato che “ai fini del Superbonus, l’intervento deve riguardare edifici o unità immobiliari ‘esistenti’, non essendo agevolati gli interventi realizzati in fase di nuova costruzione”.

A sostegno di tale interpretazione, l’Agenzia ha inoltre richiamato la nota del 2 febbraio 2021 R.U. 031645 del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, ad opinione del quale “a differenza del ‘Super sismabonus’ la detrazione fiscale legata al ‘Super ecobonus’ non si applica alla parte eccedente il volume ante-operam”.

Necessaria conseguenza di ciò è l’onere posto in capo al contribuente di mantenere distinte, in termini di fatturazione, le due tipologie di intervento (ristrutturazione e ampliamento) o, in alternativa, essere in possesso dell’apposita attestazione. È evidente, dunque, che anche in tal caso – nonostante l’opera di demolizione e ricostruzione – l’Agenzia delle Entrate ha adottato un’interpretazione restrittiva che, come nell’ipotesi delle agevolazioni ai sensi dell’art. 16-bis TUIR, distingue ancora (nonostante la novella di cui all’art. 10 DL 76/2020), non permette di agevolare le spese sostenute per le “parti nuove” in ipotesi di ristrutturazione con ampliamento.

Occorre tuttavia considerare che tale soluzione risulta peculiare in quanto appare in contraddizione con la Risposta n. 11 del 07 gennaio 2021, vertente su un’opera di demolizione e ricostruzione con aumento della volumetria (concesso in forza della normativa locale) e sulla possibilità – alla luce dell’entrata in vigore del D.L. 76/2020 – di fruire “dell’ecobonus del 110 per cento, del sismabonus e delle detrazioni fiscali del bonus casa per ristrutturazione edilizia”.

In tal caso, l’Agenzia ha espresso la propria posizione affermando che laddove l’intervento rientri tra quelli di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3 TUE (come risultante dal titolo amministrativo), anche prevedendo un aumento della volumetria,  “e vengano effettuati interventi rientranti nel Superbonus o di recupero del patrimonio edilizio di cui all’art. 16-bis TUIR, l’Istante potrà fruire delle citate agevolazioni, nel rispetto di ogni altra condizione richiesta dalla normativa e fermo restando l’effettuazione di ogni adempimento richiesto”.

Analizzando le due risposte discordanti fornite dall’Ente (a distanza di pochi mesi), si evince che non vi è chiarezza nell’interpretazione del nuovo art. 3 DPR 380/2001, neppure in considerazione di interventi di ristrutturazione con demolizione ed ampliamento, il che già di per sé renderebbe necessario un intervento chiarificatore del legislatore.

6. Conclusioni. Critica alla posizione dell’Agenzia delle Entrate e auspicio di un nuovo intervento chiarificatore.

La posizione restrittiva dell’Agenzia delle Entrate, la quale limita la possibilità di fruire della detrazione fiscale in ipotesi di aumento della volumetria dell’edificio ai soli casi in cui ciò avvenga in seguito ad un’opera di demolizione e ricostruzione dello stesso (e, a seconda dell’interpretazione, alle spese sostenute per la sola parte esistente), è da ritenersi anacronistica e discriminatoria alla luce della nuova lettera dell’art. 3 TUE e della ratio complessiva che ha portato il legislatore ad intervenire sulla materia.

Ai sensi dell’art. 16-bis TUIR il contribuente può infatti beneficiare di una detrazione fiscale per le spese sostenute per gli interventi sugli edifici di cui alle lettere a), b), c), d) dell’art. 3 TUE.

Poiché in passato l’ipotesi sub d) relativa alla ristrutturazione edilizia non prevedeva espressamente l’intervento con ampliamento della cubatura dell’edificio, questo tipo di intervento veniva considerato come “nuova costruzione” ai sensi della lett. e) dell’art. 3 TUE, che comprende gli interventi “di trasformazione edilizia e urbanistica non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti”.

In seguito alla riforma del 2020, invece, riteniamo che debbano essere considerati quali interventi di “ristrutturazione edilizia” anche quelli che prevedono un incremento della volumetria dell’immobile, sia a seguito di demolizione e ricostruzione (3° periodo), sia – negli altri casi – in ipotesi espressamente previste: a) dalla legge e/o b) dagli strumenti urbanistici comunali.

È evidente che in entrambi i casi per mezzo dell’intervento viene valorizzato il patrimonio edilizio già esistente e la rigenerazione urbana, rispettando lo spirito richiamato dalla relazione illustrativa dell’art. 10 D.L. 76/2020. Allo stesso modo, le opere di ristrutturazione non sono concesse “senza limiti”: da un lato (terzo periodo) è necessario che l’intervento preveda la demolizione e ricostruzione dell’edificio; dall’altro (quarto periodo), l’ampliamento è ammesso solo se previsto dalla legge o dagli strumenti urbanistici comunali.

In via esemplificativa si può richiamare il già citato Piano Casa, approvato con D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (conv. da L. 06 agosto 2008, n. 133), che permette agli enti locali di concedere – attraverso specifica legge regionale – la possibilità di ampliare gli edifici fino ad un tetto massimo del 20%; per quanto concerne la Provincia Autonoma di Bolzano, attualmente il riferimento normativo è dato dalla Legge Provinciale del 10 giugno 2018, n. 9.

In conclusione, a parere degli scriventi, l’attuale sistema normativo non dovrebbe presentare ostacoli all’applicazione del beneficio fiscale anche ai casi in cui l’ampliamento consegua ad una mera ristrutturazione senza demolizione; questo in quanto con la modifica intervenuta ai sensi dell’art. 10 D.L. 76/2020, l’esplicito riferimento all’aumento della volumetria contenuto nella nuova lettera d) dell’art. 3 TUE (cui rinvia l’art. 16-bis TUIR) dovrebbe comportare la possibilità di fruire del beneficio fiscale per tutte le spese sostenute per lavori di ristrutturazione dell’edificio con ampliamento dello stesso, qualora l’ampliamento sia espressamente previsto dalla legge vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, sempre nei limiti di una spesa massima di € 96.000,00.

Tuttavia, nell’attesa di un intervento “chiarificatore” dell’Agenzia delle Entrate o del legislatore, è opportuno che il contribuente che intende svolgere interventi di ristrutturazione edilizia con ampliamento dell’edificio osservi ancora le linee-guida applicate oggi dall’Agenzia, mantenendo così separate le spese sostenute per la parte già esistente dell’edificio (detraibili) e quelle concernenti la parte di nuova costruzione (allo stato non detraibili).

Infatti, seguendo le indicazioni dell’Agenzia, il contribuente ha l’onere di mantenere distinte, in termini di fatturazione, le due tipologie di interventi (ristrutturazione e ampliamento) o, in alternativa, essere in possesso di un’apposita attestazione che indichi gli importi riferibili a ciascuna tipologia di intervento, rilasciata dall’impresa di costruzione o ristrutturazione ovvero dal direttore dei lavori sotto la propria responsabilità, utilizzando criteri oggettivi.

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