Con sentenza del 9 febbraio 2012 resa nella causa n. C-277/10, vertente sul diritto ad un’equa remunerazione del regista principale in qualità di autore dell’opera cinematografica, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Terza Sezione) ha confermato nella fattispecie concreta l’esistenza di un parallelismo tra il film documentario che svolge una presentazione critica della realtà e l’opera cinematografica, riconoscendo in capo al regista di entrambe le suddette opere (in quanto la prima è assimilabile alla seconda) – in base al diritto europeo vivente –  il diritto ad un equo compenso per lo sfruttamento delle stesse.

Nello specifico la Corte di Giustizia, nell’accertare una violazione della legge austriaca in materia di diritto d’autore, ha avuto modo infatti di chiarire come il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che “i diritti di sfruttamento dell’opera cinematografica, come quelli di cui trattasi nella causa principale (…) spettano ipso iure, direttamente e originariamente, al regista principale. Di conseguenza, tali disposizioni devono essere interpretate nel senso che esse ostano ad una normativa nazionale che attribuisca, ipso iure ed in via esclusiva, detti diritti di sfruttamento al produttore dell’opera in questione.”

Avuto riguardo al caso specifico, attinente la tutela da accordarsi al film documentario che svolga una presentazione critica della realtà, si evidenzia come abbia avuto modo di esprimersi in numerose occasioni anche la giurisprudenza italiana, precisando che “… il concetto giuridico di creatività cui fa riferimento la norma della L. n. 633 del 1941, ex art. 1, non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, riferendosi per converso, alla personale e individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nell’art. 1 della legge citata, di modo che un’opera dell’ingegno riceve protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore, con la conseguenza che la creatività non può essere esclusa soltanto perché l’opera consiste in idee e nozioni semplici, ricomprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia.

L’atto creativo, seppur minimo, costituisce in definitiva quell’elemento avente facoltà di ricondurre il film documentario nella fattispecie dell’opera cinematografica.

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