Si segnala la recente sentenza n. 18317 del 09.06.2016 / 19.09.2016, nell’ambito della quale la Suprema Corte torna a ricondurre il licenziamento cd. per scarso rendimento nella fattispecie del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, oltre a trattare in particolare il tema dell’onere della prova gravante sul datore di lavoro, tenuto – secondo la giurisprudenza consolidata – a provare ex pluribus: “il mancato raggiungimento del risultato atteso o l’oggettiva sua esigibilità ed il nesso eziologico di questo con il colpevole o negligente inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore con la sua normale prestazione, il grado di diligenza normalmente richiesto per la prestazione lavorativa e di quello effettivamente usato dal lavoratore, l’incidenza dell’organizzazione complessiva del lavoro nell’impresa e dei fattori socio-ambientali, una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente – ed a lui imputabile- in conseguenza dell’enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato.

Non solo, ma sotto analogo profilo, nella sentenza segnalata viene ribadito anche il criterio del cd. “standard produttivo inizialmente concordato” con il lavoratore, in relazione al quale, nella vicenda in parola, la società aveva omesso di fornire la prova, non documentando il grado di efficienza dei colleghi (rispetto al lavoratore) e non dimostrando il nesso causale fra i gravi inadempimenti contrattuali del lavoratore e la crisi aziendale.

Ferme restando le indicazioni fornite da parte della Suprema Corte, si ritiene comunque ardua l’attuazione concreta di un licenziamento per scarso rendimento, anche a fronte delle esigenze di coordinamento con la normativa vigente in tema di procedimenti disciplinari.

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