Con la sentenza n. 6077 del 04.03.2021, la Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del trasferimento, disposto ex art. 2112 c.c., di alcuni lavoratori, pronunciandosi in tema di trasferimento di parte (c.d. ramo) d’azienda come segue: “(…) quando oggetto di cessione non sia un complesso di beni e contratti funzionalmente coordinati all’esercizio almeno potenziale ad una attività di impresa, ma solo contratti di lavoro (con l’aggiunta eventuale di taluni beni strumentali non legati da un nesso organizzativo-funzionale), si è fuori dall’ipotesi di cui all’art. 2112 c.c., essendo invece applicabile l’art. 1406 c.c., che condiziona l’efficacia della cessione al consenso del contraente ceduto. Ed invero, seppure può oggi ritenersi che l’autonomia funzionale del ramo di azienda ceduto non coincida con la materialità dello stesso (quanto a strutture, beni strumentali ed attrezzature, etc.), ma possa consistere anche in un ramo “smaterializzato” o “leggero”, costituito in prevalenza da rapporti di lavoro organizzati in modo idoneo, anche potenzialmente (od al netto dei supporti generali sussistenti presso l’azienda cedente), allo svolgimento di un’attività economica, ciò non toglie che tale autonomia dell’entità ceduta debba essere obiettivamente apprezzabile, sia pur con possibili interventi integrativi imprenditoriali ad opera del cessionario, al fine di verificarne l’imprescindibile requisito comunitario della sua “conservazione”. Non può ammettersi invece -alla luce dei principi comunitari, cfr. C.G.U.E. 24 gennaio 2002, causa C-51\00- che tale legame funzionale possa derivare (soggettivamente) solo dalla qualificazione fattane dal cedente e dal cessionario al momento del trasferimento, consentendo ai soggetti stipulanti il negozio traslativo (peraltro neppure portatori di superiori interessi pubblici o collettivi), la libera definizione della fattispecie cui la norma inderogabile si applica, e ciò in contrasto con la disciplina comunitaria in ordine all’inderogabilità dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda. Ne consegue che il principio per cui per “ramo d’azienda”, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., come tale suscettibile di autonomo trasferimento riconducibile alla disciplina dettata per la cessione di azienda, deve intendersi ogni entità economica organizzata la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua identità -come del resto previsto dalla prima parte dell’art. 32 del d.lgs n. 276\03- pur potendosi individuare, nel contratto di cessione, una porzione o frazione produttiva che precedentemente era strettamente legata ai supporti logistici e materiali presenti nell’azienda cedente. Ciò presuppone comunque una preesistente entità produttiva funzionalmente autonoma (potendo conservarsi solo qualcosa che già esiste), e non anche una struttura produttiva creata “ad hoc” in occasione del trasferimento o come tale unicamente identificata dalle parti del negozio traslativo, essendo preclusa l’esternalizzazione come forma incontrollata di espulsione di frazioni non coordinate fra loro, di semplici reparti o uffici, di articolazioni non autonome, unificate soltanto dalla volontà dell’imprenditore (cfr. Cass. 9 ottobre 2009 n. 21481) e non dall’inerenza del rapporto ad una entità economica dotata di autonoma ed obiettiva funzionalità. Ne consegue che può applicarsi la disciplina dettata dall’art. 2112 cod. civ. anche in caso di frazionamento e cessione di parte dello specifico settore aziendale destinato a fornire il supporto logistico, sia al ramo ceduto che all’attività della società cessionaria, purché esso presenti, all’interno della più ampia struttura aziendale oggetto della cessione, la propria organizzazione di beni e persone al fine della fornitura di particolari servizi per il conseguimento di obiettive finalità produttive, sicché i reciproci rapporti vengono trasferiti dai cedente al cessionario, ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., senza necessità di un loro consenso (cfr. già Cass. 1°febbraio 2008 n. 2489; Cass. 17 marzo 2009 n. 6452; Cass. 13 ottobre 2009 n. 21697). L’orientamento risulta ormai consolidato, cfr. da ultimo Cass. n.28593\18, secondo cui ai fini dell’applicazione dell’art, 2112 c.c., anche nel testo modificato dall’art. 32 del d.lgs. n. 276 del 2003, applicabile “ratione temporis”, costituisce elemento costitutivo della cessione l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere, autonomamente da parte del cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario, il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente. (…)”.

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